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Narrativa

Neve & nebbia di Massimo Acciai, Ospedali di Giuseppe Costantino Budetta, I gatti di Villa De Santis di Rossana D'Angelo, Camomilla per due di Renato Lonza, Novanta anni di Paolo Ragno, La pelliccina di Anna Maria Volpini

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Elvira Balestracci, Mariella Bettarini, Daniel Bosco, Miriam Cividalli Canarutto, Elisabetta Giancontieri, Renato Lonza, Gabriella Maleti, Maria Pia Moschini, Manuela Palchetti, Barbara Pumhösel, Paolo Ragni, Aldo Roda, Nicola Ruggiero, Roberto Veracini, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici, in una lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua napoletana, esperanto ed inglese

Recensioni

Artico di Francesca Mattoni - recensione di Marco Simonelli
Impromptu di Amelia Rosselli - recensione di Marco Simonelli

Interviste

Intervista a Paolo Ragni: scrittore e poeta
di Massimo Acciai

Arte a Milano

Isola nell'Arte a Milano: un museo del futuro
di Alessandro Rizzo

Delirium
(Piccolo Teatro di Ambientazione)

di Maria Pia Moschini


"La mia visione esterna è di assoluta normalità
ma in testa, nella testa, si è insediata

UNA CUPOLA

e la lanterna manda segnali.
Dalla bocca, in navate, entrano silenziosi
i pellegrini, mi visitano a turno,
salgono gli infiniti scalini.
Si affacciano dagli occhi.

Dicono che è un delirio, ma nel petto
ho una torre merlata, un orologio
che suona fiore con un vibrar metallico
e mi dà il batticuore.
Sento le frecce acute delle lancette,
i suoi pesi che ascendono nel tempo.
Su e giù, per canali invisibili,
nella parte più alta del PALAZZO
che VECCHIO ora mi abita.
Centralità, rispecchio di un mio viver
deciso, dialogante.

Se scendo, con un tocco leggero della mano,
trovo Parco di un ponte che congiunge l'assetto
delle gambe: io Gulliver che tengo

il DI QUA, i1 DI LÀ D'ARNOO ben divisi.
Perenne archivio di tesori nascosti,
ancheggio (orca velata) a mistero di me.
A specchio dentro il fiume che scorre
alle mie spalle: da finestre invisibili
nere gazze mi indorano di anelli,
m'inghirlandano a turno di un luccichìo serale
di cometa, su questa seta
che si sciorina al sole e muove l'acqua
in direzione del manto.
Mi confronto con altri a me distanti.
Tento di estrarre a turno i corpi estranei,
frugo dentro le tasche per una migrazione
liberazione.
La testa (ora intelletto) partorisce del Fiore
una piccola idea di cattedrale che, esternata
perde ogni suo colore.
Così, con uno strappo, tento di liberarmi
del palazzo di fumo che rigido s'innesta
nel punto che è del cuore.

Certamente sinistro.
E metallico il suono ma l'effetto è un dispetto:
fuori dal corpo tutto si esuma e muore.
Fermacarte da omicidio banale, da silenzioso
assetto.
Rinuncio a PONTE che VECCHIO mi rende
ora gigante e muove gli arti arterie a sostegno
del passo.

Mi sento un battito indistinto nella tasca,
un peso insolito: un fringuello nidificato
ad arte?
Un uovo, anche di marmo, deposto in un castello
di parole?

Rapida afferro il freddo di -un concetto,
solidamente immobile.
Un sospetto mi attarda, la mano afferra e guarda:

- NO, MIO PENSIERO ULTIMO, MIO TALISMANO!!

Da un rimosso Eros Morfeo,nasci nel buio, segretamente

DAVID SUBLIME, ETERNO

per me, psiche perversa, a disincanto.
Ti guardo, ti possiedo, libera dal tormento
che mi porta, navigando, nel sogno.
Senza distacco, è la morte una gelida maschera.
Una buia cavità.
Lascio questa città che mi ha stregato, rinata e vecchia.
Di Stendhal stendo il velo, pietosamente,
sull'umido pensiero che geme lacrime come una linfa.

METAMORFOSI, allora ! ! !

E chiamo Ovidio: - Ovidiooo... -
Non più delirio.
Io, unica donna abitata da una città.
Segretamente mia.

Vado via."



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