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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici, in una
lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i
più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua
napoletana,
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recensione di Marco Simonelli
Impromptu di
Amelia Rosselli -
recensione di Marco Simonelli
Interviste
Intervista a Paolo Ragni:
scrittore e poeta
di Massimo Acciai
Arte a Milano
Isola nell'Arte a Milano:
un museo del futuro
di Alessandro Rizzo
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Intervista a Paolo Ragni
scrittore e poeta
Devo la fortunata circostanza del mio
incontro con Paolo Ragni alla comune conoscenza di Mariella
Bettarini e Gabriella Maleti, con le quali è iniziata da qualche
mese una preziosa collaborazione ed amicizia. Anche con Paolo è
nata subito un'intesa artistica ed intellettuale fondata su
molte caratteristiche condivise, sia nella scrittura che nel
pensiero. Coinvolto nel sul progetto di un portale artistico
fiorentino (progetto di cui dà qualche accenno nell'intervista
stessa), ho accettato con entusiasmo. L'intervista a casa sua,
davanti ad una webcam, è stata occasione di riflessione sul
"mestiere di scrivere" e quello più generale, e forse
importante, di analizzare la realtà che ci circonda a 360 gradi.
Dopo le nostre conversazioni e la lettura dei suoi testi, sia
poetici che in prosa, mi è venuto il desiderio di proporgli una
breve serie di domande, tramite mail. Paolo ha risposto con
molta cortesia, il 28 febbraio 2006.
D: Quali sono stati i suoi modelli, gli autori che hai amato
di più, che secondo te hanno contribuito a formare il tuo stile?
R: Certamente, a livello di formazione, devo mettere i romantici
tedeschi e i romanzi di formazione. Nel prosieguo della attività
di narratore, ampio spazio ebbero le storie e leggende
medievali, le fiabe e tradizioni popolari e in genere materiale
storico ed etnografico. Da una decina di anni a questa parte, mi
sono concentrato moltissimo sulla letteratura italiana e in
particolare su quella che veniva chiamata letteratura
industriale e sulle aree limitrofe. Calvino, Parise e la Ortese
sono stati gli autori amati di più.
Per la poesia il discorso è diverso. Sono nato narratore e
probabilmente morirò poeta. Data la forza con cui mi arriva la
tradizione classica, sono molto vicino a tutti i poeti,
italiani, del Novecento che hanno attribuito al ritmo,
prevalentemente endecasillabico o più ampio, il massimo valore.
Penso che così si possa meglio conciliare il versificare poetico
con lo sviluppo narrativo: la Rosselli, il Giudici di mezzo e
l'ultimo Raboni, tutto il Luzi dalla guerra in poi; di
Bertolucci apprezzo molto la capacità di dipingere grandi
affreschi, di Sanguineti il versificare lungo, specie del primo
periodo, e la tensione politica e dialogica, come di Porta e
Pagliarani. Pasolini è forse uno snodo significativo di mille
idee e sentimenti contraddittori, ma non per questo meno veri.
D: Come nasce il tuo primo romanzo edito, "Leggenda per
Ognissanti" (Hellas, Firenze, 1987)?
R: Vent'anni fa ero molto attento al romanzo storico. Mi pareva
un modo efficace per costruire quel distacco - tra quel che si
vuol dire e il modo con cui si dice - che potesse evitare la
retorica, il già detto. Dall'amore per la storia nacque il
desiderio di esprimere in una antica realtà temi, problemi,
angosce e speranze dell'uomo di oggi. Un amico, Reno Bromuro, mi
ha detto recentemente che si trattava di un romanzo profetico,
perché dibatteva temi oggi imprescindibili: la multiculturalità,
la guerra di religioni, l'internazionalismo. Ero abbastanza
cosciente di questo, perché militavo anche allora in
organizzazioni pacifiste, ma non avrei immaginato che un
Bildungroman come quello potesse avere dietro e davanti tutta
una visione così attuale. Credevo di immergermi nella storia
antica e invece compivo un'operazione analoga a quelle della
Yourcenar.
D: Appare evidente il lavoro di ricerca storica che sorregge
la narrazione...
R: Sì, fu un lavoro gigantesco. Avevo letteralmente il terrore
di compiere anacronismi. Non credo di averne fatti parecchi, ma
certamente i personaggi si muovono con una mentalità assai
vicina a quella dell'uomo di oggi. La ricerca storica l'ho
sviluppata molto anche nel corso degli anni seguenti quando ho
scritto e pubblicato vari romanzi storici per ragazzi. Credo che
la storia sia un elemento assolutamente indispensabile per
l'essere umano, al pari della geografia, che è l'esplicazione
nel territorio dello svolgersi degli eventi, è la
differenziazione culturale dei fenomeni in divenire. Sono
sgomento al sentire che molta gente non sa davvero nulla della
Rivoluzione francese o di quella russa, e che ragazzi delle
superiori non riescono a collocare certi eventi nemmeno
nell'arco di un millennio. Oggi, che parlo solo ed
esclusivamente in un contesto contemporaneo, sono però
ugualmente attentissimo alla storia: fa capolino molto spesso
tra le pieghe delle mie poesie.
D: Il tema dei conflitti religioni è quanto mai attuale, ma
qual è in poche parole la tua visione sulla molteplicità di fedi
che esistevano nel passato ed esistono oggigiorno?
I conflitti religiosi sono una tragedia infinita. Trent'anni fa
credevamo tutti che tutti gli scontri nel mondo fossero
riassumibili in termini di lotta di classe. Mi pare invece che
il Secolo Breve sia stato un secolo all'insegna anche dei
nazionalismi e che questo millennio veda un terribile riflusso
su problematiche che si credevano ormai del tutto superate.
Non si deve mai tirare in ballo Dio per aggredire il prossimo.
Il mondo pare adesso in bilico tra un sistema economico,
politico, culturale, cioè il capitalismo, che sta invadendo ogni
centimetro della terra - e un sistema alternativo quale è non
più il comunismo ma l'Islam. Personalmente credo anche il
Cristianesimo alternativo al capitalismo, così come si sta
dimostrando l'Islam, ma lo vedo incapace per motivi storici a
disgiungere le proprie responsabilità da quelle della civiltà
industriale.
Il capitalismo riesce a sfamare a meraviglia i bisogni fisici
del 20% dell'umanità, distruggendone però gli aspetti spirituali
ed affamando il restante 80% dell'umanità. Più il capitalismo si
dimostra una ideologia totalizzante e totalitaria, più l'Islam
si afferma portatore di valori veri. Se l'Occidente appare
"cristiano" con le sue guerre selvagge e il suo sfruttamento
totale degli uomini e del Pianeta, ovvio che la liberazione
dell'umanità deve passare, per popoli interi, attraverso la
negazione del Cristianesimo. Non so cosa sia veramente cambiato
dalla presa di Gerusalemme e di Costantinopoli, al tempo delle
Crociate, ad oggi. Israele, ad esempio, è concepito come "stato
crociato" dal fondamentalismo islamico.
Il problema più grave è che il capitalismo, quale sistema
onnicomprensivo, ingoia tutte le fedi, le metabolizza, le
digerisce e ne sviluppa gli aspetti più innocui. Una ideologia
così potente e tecnologicamente vincente non può però dare
risposta alcuna all'uomo. Più fedi, e concludo, possono
coesistere solo all'interno di uno scenario ideologico,
culturale e spirituale omogeneo: se invece la fede è ridotta al
soddisfacimento dei bisogni psicologici del cliente, la reazione
integralista trova spalancati tutti gli spazi di manovra.
D: Parliamo adesso dei tuoi racconti - penso in particolare
alla raccolta "Scandisk" (Prospettiva Editrice, Civitavecchia,
2001); ricorre spesso il personaggio di Tayatsumi e quello di
Egvis. Mi puoi dire qualcosa sulla genesi di questi personaggi?
R: In Tayatsumi Yakamoto esteriorizzo, in modo tragico e
surreale, non solo i miei sogni più ingenui ma anche quelli
generali di una intera generazione. Egvis è anch'essa
personaggio non reale ma vario assemblaggio di persone care e
aspirazioni; non è difficile ritrovarla anche in seguito, in
altre donne dal nome diverso. Fanno parte di una grande commedia
umana. Tayatsumi mi è ancora caro per la sua testarda voglia di
vivere in un mondo fatto di alienazione, di sopraffazione, di
guerra; è elemento di contestazione, spesso velleitario e
disperato, vicino a intere categorie di vinti della storia.
Egvis è la rappresentante di un mondo altro, che qualche volta
si permette di interagire con il nostro. Sempre allo scopo di
evitare facili enfasi, ho scelto un nome giapponese, cioè di un
universo mentale lontano dal nostro, e un nome inesistente. L'obiettivazione
diventa così più forte e lo straniamento più grottesco e
intimamente vero. E' però certo che un personaggio lirico come
Egvis riesca a trovare posto anche nella poesia, cosa che non
succede a Tayatsumi.
D: In alcuni tuoi racconti, come "Acqua" e "Il mare, la
primavera e altre cose" l'io narrante è al femminile…
R: Sì, è stata una conquista dura, sia per la prosa che per la
poesia. Spero di essere riuscito a immedesimarmi in un mondo che
mi è molto caro proprio in forza della sua diversità. Cerco di
muovermi a 360 gradi, come dici tu, per vedere le cose da un
diverso punto di vista. Mi sforzo in continuazione di essere me
stesso vedendo però ogni evento da angolature differenti. Credo
che si possa vedere solo un briciolo della verità, quindi è
bene, almeno, sforzarsi di vedere almeno due briciole invece di
una. La storia, ad esempio, è un altro filtro di conoscenza.
L'ambientazione geografica è un altro strumento. La fantascienza
è un altro orizzonte ancora. Scrivere da prospettive diverse ha
un grande valore umano conoscitivo. Anche per questo motivo i
miei testi poetici sembrano svolgersi a più livelli, le frasi
sembrano dette da persone diverse. L'"effetto giostra" delle
poesie nasce da questo, dal cercare di entrare in più mondi
spesso divergenti ma con interessanti punti di contatto che si
ritrovano.
D: La tua poetica: il lessico è molto semplice, quotidiano.
Puoi dirci le ragioni di questa scelta stilistica?
R: L'indefinibile e l'assoluto (con la a minuscola o la A
maiuscola) vivono ed operano nel quotidiano di tutti.
L'irruzione epifanica dell'Assoluto nel quotidiano è ciò di cui
parlo sempre. Credo invece che spiegare e raccontare sentimenti
sia la cosa più trita che esista. L'incontro-scontro del Reale
con la quotidianità è la materia essenziale della mia
ispirazione. Per questo parlo sempre di oggetti pratici: la
concretezza prosastica delle cose permette di non scadere in
languidi sentimentalismi e di evidenziare con forza l'Altro,
specie secondo i confliggenti metri della nostra tradizione
illustre. Per fare questo occorre una concentrazione logica che
per anni fu addirittura rabbiosa. Sono arrivato alla fine a un
tipo di scrittura, specialmente poetica, ormai del tutto
paratattica, priva di congiuntivi e gerundi, dove la
disponibilità di registrazione dell'Altro è portata al massimo
grado di automatismo. La ricezione del Reale è molto più forte
in una formattazione rigorosamente a-sintattica, la sintesi
molto più efficace se si riesce a percepire in una eterna
compresenza tutti gli elementi che il Leopardi avrebbe ricercato
nel "vago". L'inversione verbo-soggetto, tipica di tanta
elegante poesia, è per esempio artificio stilistico da me
espressamente cancellato ed è quindi introvabile in ogni mio
rigo.
D: Il tuo sito web (www.paoloragni.it)
raccoglie molti tuoi testi tra cui quelli già menzionati in
questa intervista (invito pertanto i lettori a visitarlo); chi
l'ha progettato? Cosa pensi del ruolo di Internet nella
diffusione della letteratura? Secondo te si pone in concorrenza
col mondo cartaceo o piuttosto lo integra e lo supporta?
R: Il sito l'ho progettato assieme a mia figlia Irene, a un
grandissimo webmaster, webdesigner e webtutto, Alessandro
Mezzani; recentemente sto ristrutturando il sito con altre
professionalità.
Penso che Internet sia complessivamente molto utile per la
diffusione della letteratura. Su internet c'è di tutto, anche
spazzatura, è vero, ma ci sono cose che non si trovano più in
nessuna libreria e spesso neanche nelle biblioteche nazionali.
Internet ha un grande valore per gli studiosi. Molte riviste
cartacee, ad esempio, importantissime dal punto di vista storico
ed artistico, possono rivitalizzarsi: basta portarle in una
copisteria ben attrezzata, trasformarle in pdf, caricarle sul
sito … in un giorno riemerge, alla portata di tutti, un
materiale destinato inevitabilmente a scomparire per sempre.
Altrettanto dicasi di testi esauriti, ristampabili e scaricabili
gratuitamente dal web. Bisogna conservare questo materiale e
portarlo nel dibattito contemporaneo a suon di blog.
Se poi aumentano le vendite dei pc e diminuiscono quelle dei
libri, la colpa non è di internet, ma del rincretinimento di
massa.
D: La tecnologia è molto presente nella tua opera, sia nella
prosa che nella poesia. Anche nel tuo sito è molto presente,
sotto forma di letture realizzate con webcam…
R: Come ti ho appena detto, la tecnologia elettronica può essere
di grande aiuto all'uomo. La cultura così si tramanda, si
trasmette, cresce nel dibattito e nelle coscienze. Se però parlo
molto di tecnologia, specie nelle poesie, è spesso con l'effetto
ironico e straniante, che so?, di un Pascoli che rimava con
l'inglese o di un Gozzano che abbinava Nietzsche e camicie.
Parlare di software in una mia poesia significò, ad esempio,
mettere il Paradiso a contatto con il salvaschermo. Il contrasto
tra lirica e informatica è così acceso che ne scoccano scintille
purissime. Altrettanto dicasi del plurilinguismo nei miei versi:
è coerente in una logica multiculturale e multirazziale, ma
nella sua estrema prosasticità può suscitare uno scarto
imprevedibile tra il già conosciuto e l'ignoto.
Nel mio sito l'aspetto multimediale è in crescita. Dalla webcam
passerò tra breve alla videocamera. La qualità dei testi
ospitati e da ospitare, il valore degli artisti che incontrerò
mi spinge a ricercare una qualità anche da questo punto di
vista.
D: Progetti per il prossimo futuro?
R: Il più importante progetto è sviluppare l'aspetto
multimediale del sito, per costruire un sito che diventi anche,
nel tempo, un piccolo portale della poesia a Firenze e un
archivio di profili di poeti italiani.
Per fare tutto questo occorre molto tempo, ma non pongo limiti
per terminare il lavoro, perché sarà un file sempre aperto. Mi
interessa prima di tutto, su Firenze, tracciare, testimoniare,
registrare interventi di poeti. Secondariamente, potrò pensare
di aggiornare queste interviste. Ma prima di tutto occorrerà
costruire, con gli amici che mi vorranno dare una mano, un
archivio significativo dal punto di vista qualiquantitativo.
In Italia, invece, mi pongo un obiettivo un po' diverso:
incontrare anche, finalmente, de visu, i massimi poeti viventi;
dopo l'esperienza di una bellissima intervista a Luzi due anni
fa, voglio recarmi di persona da tutti coloro che hanno fatto la
poesia in Italia. Credo che sarà un utile contributo alla poesia
il registrare filmati in cui i nostri grandi leggono poesie: non
è cosa che si fa tutti i giorni. Ricordo ancora quando, bambino,
vedevo Ungaretti che leggeva l'Odissea alla televisione. Sono
ricordi che durano una vita.
D: Grazie, Paolo, per aver soddisfatto le nostre curiosità!
R: Grazie a te, Massimo!
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