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Il sole sonnecchiava pigro fra le calli il
pomeriggio che ti incontrai. Centoventisette passi mi condussero
al Caffè Florian e lì mi apparve la mia Calliope. Seduta
composta, le lunghe gambe accavallate, la camicia di seta perla
scollata sul decolté d'alabastro, il tuo silenzio sovrastava
l'indistinto chiacchiericcio di Babele. Il bracciale déco pesava
sull'esile polso, ed ogni volta che sollevavi la tazza del the
ne seguivo ipnotizzato il riflesso moltiplicato dagli specchi. I
tuoi occhi d'oceano notturno erano concentrati sulle pagine di
Nabokov, solo a tratti li alzavi e li lasciavi vagare
distrattamente fra i cassettoni decorati. Quando il sole si
svegliava i tuoi cernecchi fiammeggiavano un istante e il mio
cuore perdeva un battito. Fra le sopraciglia aggrottate si stava
annidando un pensiero, ed io avrei rinunciato al palazzo di
famiglia in S. Marco, alla fama, al denaro pur di condividerlo.
Ti contemplavo con la stessa ammirazione estatica che si riserva
al firmamento, così perfetto e così imperscrutabile assieme. Se
la nostra esistenza terrena ha un senso, tu dovevi essere nata
per donare una fugace visione di grazia agli eletti a cui ti
mostravi. Di tanto in tanto osservavi con ingenuo stupore i
piccioni che becchettavano con movimenti regolari al di là del
vetro, ed io non provai mai più una così cocente invidia per un
essere vivente, avrei voluto avere quel piumaggio metallico per
ricevere un tuo breve sorriso. Un paio di volte hai tamburellato
con le unghie di cammeo sul tavolino, forse contrariata per
qualcosa che stavi leggendo, ma la tua essenza luminosa sembrava
non poter trattenere sensazioni negative, l'assoluta serenità
irradiata dalla tua figura si espandeva per tutta la sala e
nessuno rimase immune a quell'incantesimo, vidi una tale
beatitudine sui volti di chi ti guardava che mi parve di
assistere ad una angelica apparizione collettiva. Un azzimato
cameriere ti ha chiesto se desideravi altro, e la tua gentile
risposta mi ha rinfrescato come una cascata, il suono della tua
voce è così liquido e trasparente da non sembrar prodotto da
corde umane. Perdonami Calliope, in quel pomeriggio ho creato
per te, su di te, infinite vite potenziali, le ho plasmate e
distrutte ad ogni battito delle tue ciglia, ad ogni mio respiro
interrotto, nessuna sembrava degna d'appartenerti, perdonami per
averti resa oggetto delle mie fantasie e dei miei tormenti da
quel giorno, perdonami per averti eletta mia ossessione. Mai
venerai con tale dedizione un'altra donna, mai più mi sarei
potuto struggere così disperatamente per una bocca imbronciata.
Sono trascorsi tanti anni da quando ti sei alzata e sei uscita
con portamento elegante dal Florian, un lieve ticchettare di
sandali mi ha dato l'addio, e da allora non faccio che dedicare
a te ogni mia poesia, a scrivere per te ogni mio sonetto. La mia
vita è trascorsa nel rimpianto di quell'attimo fuggito, le mie
mani sono ormai artritiche e la pelle cascante, ma tu sarai
eternamente giovane, cristallizzata in un amore perfetto ed
immortale perché mai vissuto. Vivi Calliope, vivi per sempre nei
versi di chi ti amò nel modo più puro e negli occhi di quanti
leggeranno della tua bellezza.
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