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Vorrei che la tua bellezza potesse appagarmi
appieno, vorrei esserne saturo, traboccare di tanta perfezione,
invece è un supplizio che non conosce fine, non sono mai sazio
di te. Ti osservo per lunghe ore solitarie mentre la luce e il
buio ti giocano attorno, sei egualmente splendida nel crepuscolo
e nell'aurora. Appari sempre quando il sole se ne va e sparisci
quando arriva, la tua esistenza da ombra anonima non conosce il
conforto dei suoi raggi. Da mesi ti ammiro da questo balcone di
periferia, mi hai rinfrescato d'estate e scaldato d'inverno, e
la pioggia che ha lavato le mie lacrime non mi ha impedito di
essere il tuo ignoto custode. Sei una piccola Venere ancora
adolescente, le mani che ti frugano di continuo non vogliono
sapere del tuo acerbo strazio,ti consegnano i soldi e finiscono
in fretta per tornare dalla famiglia dimenticandoti al prossimo
semaforo. Mia mamma talvolta esce a controllarmi, all'inizio si
preoccupava per quella che considerava un'ossessione, poi ha
compreso che sei il mio unico stimolo per riappropriarmi della
vita che sembrava avermi escluso. Ho smesso di rimanere
rintanato in camera a luci spente, ogni apatico giorno identico
al precedente, ed ho iniziato ad ingabbiarti in una tela, notte
dopo notte. Ti avvicino col cannocchiale, ma non troppo, ti
rispetto a tal punto da non volerti imporre il mio sguardo
indagatore, non ho mai visto bene i tuoi occhi, ma li so blu e
malinconici. Sento che siamo simili nella nostra incompletezza,
io prigioniero di una carrozzina e tu di una non esistenza. Ho
conosciuto i turbamenti del sesso prima dell'incidente, ma non
ti desidero come i corpi che si sono allacciati al mio in un
passato che sembra remoto, tu incarni l'archetipo della Donna,
della Bellezza, sei la musa della mia arte sopita. Quando i fari
delle auto ti sottraggono alle tenebre il pennello corre veloce
sulla tela, ogni tocco di colore è una carezza che sublimo e un
istante che metto al riparo dalla morte. Non sai del tuo doppio
che si forma a fatica attraverso le stagioni, embrione senza
utero che nasce frutto di un amore non consumato, tu non rivolgi
mai lo sguardo verso l'alto; hai smesso di invocare il cielo ed
i tuoi occhi blu che non vedo si spengono sull'asfalto fra i
rifiuti. Mia Venere in svendita che per poco affitti la tua
giovinezza, io saprò donartene una eterna. Gli amici mi hanno
abbandonato celandosi dietro mesti sorrisi, ma io ho te che mi
restituisci la gioia di una creatività che la frenesia di
dissipare i giorni mi aveva fatto scordare. Questo sino a poche
notti fa, poi sei scomparsa, falena che ora voli altrove o forse
hai perso le ali. Al tuo posto una sgargiante creatura di luna.
I clienti vanno sempre stimolati con nuove carni, e ora le
stelle ti accompagnano sotto chissà quale lampione. Il quadro
non è terminato, il viso era ancora indefinito, solo il tuo
corpo parla di te da quella tela, l'autoreggente smagliata per
sempre e gli stivali di latex che riflettono lo squallore. E' un
segno del destino, l'opera rimarrà incompiuta, emblema di due
vite che sono solo bozze che nessuno ha voluto correggere.
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