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Intervista a Devil Buio
Autore di Ucciderò Gianfranco Fini
Intervista di Simonetta De Bartolo a Devil
Buio, autore di "Ucciderò Gianfranco Fini"(Ed. Il Foglio, 2004)
e di "Seduti dalla parte del torto" (Edizioni Clandestine,
2005). Intervista già pubblicata su www.La TelaNera.com.
D: Devil Buio… Nome d'arte?
R: Me lo chiedono in molti. E' uno pseudonimo con un significato
ben preciso che rivelerò l'anno prossimo.
D: Parlaci un po' di te. Quanti anni hai? Dove vivi? Cosa fai
nella vita?
R: Ho ventinove anni e vivo nella mia terra natia, la Toscana.
Per quanto riguarda quello che faccio nella vita è una domanda
alla quale non rispondo mai e, nonostante la simpatia che mi
lega alla Tela Nera , alla quale non risponderò neanche
stavolta.
D: Quando e come ti sei accorto della tua naturale
inclinazione alla scrittura?
R: Alle superiori, scrivevo rime e storielle sui professori per
divertire i compagni.
D: Gordiano Lupi nel suo "Quasi quasi faccio anch'io un corso
di scrittura" ha obbiettato tenacemente sull'utilità dei corsi
di scrittura. Qual è la tua opinione a riguardo?
R: La nascita dei corsi di scrittura risponde ad una precisa
esigenza di mercato. Secondo statistiche accreditate il nostro è
il paese dove si legge meno ma dove in compenso tutti hanno un
romanzo nel cassetto. Questi dati hanno portato l'editoria ad
una convinzione ben precisa: i guadagni non si fanno vendendo
prodotti ai lettori (che sono pochi), ma vendendo prodotti agli
scrittori (che sono molti). Da questa presa di coscienza sono
automaticamente derivati tre fenomeni: l'aumento spropositato
delle agenzie letterarie, la proliferazione di editori a
pagamento che chiedono agli autori contributi esorbitanti per
libri che rimarranno negli scatoloni privi di distribuzione, e i
corsi di scrittura.
In questi ultimi scrittori più o meno affermati promettono di
insegnare le sublimi tecniche della letteratura a tutti.
Parliamoci chiaro, da adolescente avevo un amico che bastava che
starnutisse e le ragazze cadevano ai suoi piedi estasiate, se
starnutivo io si scansavano. Quello che voglio dire è che è come
se Rocco Siffredi facesse un corso su come diventare divi del
porno: su trenta allievi forse uno riuscirà ad emularlo, per gli
altri sono soldi sprecati.
D: Hai partecipato a molti concorsi letterari?
R: L'anno scorso ad un paio ed uno fortunatamente l'ho vinto,
aggiudicandomi così un contratto di pubblicazione con le
Edizioni Clandestine. Quest'anno a qualcuno di più ma sono al
momento ancora in corso.
D: Deluso o soddisfatto? Per quale ragione?
R: Comunque vada rispetto il verdetto del campo. Quello che
conta non è vincere ma trovare almeno una persona tra i giurati
che apprezzi realmente il tuo lavoro e si ricordi del tuo nome.
Per il resto molti concorsi seguono la logica del Festival della
canzone di Sanremo, quelli che vincono sono destinati spesso ad
essere dimenticati il giorno dopo.
D: "Ucciderò Gianfranco Fini" è il tuo primo romanzo. Il
titolo fa pensare ad una inevitabilità di censura… Ti ha creato
problemi?
R: In realtà no, ma nutro la profonda convinzione che ciò sia
dovuto al fatto che non si sono accorti della sua esistenza.
Ogni anno in Italia escono migliaia di libri e dubito seriamente
che siano passati tutti al vaglio. Se una grande forbice c'è,
credo che questa si trovi nella mani delle case editrici che
giudicano in base a parametri principalmente commerciali. Se un
libro non è scritto da un nome conosciuto non garantisce quel
tot di copie minime in vendita, e allora deve avere perlomeno un
argomento che si ritiene appetibile dalla massa o da una nicchia
ben precisa. Nel caso degli editori che hanno rifiutato il mio
libro credo che sia andata più o meno così:
"Devil chi? Ucciderò cosa? No no troppo diretto come titolo…che
vuol dire non è propriamente politico? E' pulp? Come alcolismo e
ultras? E che c'entrano coi servizi segreti? No no, e a chi
dovremmo venderlo? Passa al prossimo vai"
D: La politica, si sa, ha influenzato da sempre e continua ad
influenzare l'informazione, i mezzi di comunicazione di massa.
Credi che in Italia esista una "editoria di regime" fortemente
condizionante?
R: Se i media in generale, e quindi anche l'editoria, fossero
veramente di regime il problema sarebbe meno grave di quello che
è a parer mio. Secondo me infatti noi non abbiamo dei media di
regime ma dei media dei sergenti. Mi spiego, i sergenti sono
tutte quelle figure intermedie ansiose di compiacere il padrone
di turno mostrando il massimo zelo. Basta che il potente del
momento manifesti un'antipatia nei confronti di qualcuno, e sono
questi funzionari a trovare il modo per mandarlo a casa in
maniera lecita, non importa che ci sia un ordine preciso. E'
sufficiente che il capo mostri un leggero fastidio per un certo
articolo apparso nel quotidiano "x", e sarà il sottobosco dei
sergenti ad attivare i canali giusti per far sì che nessun
articolo nemmeno lontanamente simile appaia di nuovo. Se il
padrone, come la signora di una vecchia pubblicità, manifesta il
desiderio di avere un Bahlsen, saranno gli scagnozzi a mettere a
ferro e fuoco tutte le pasticcerie per portargli anche centinaia
di panettoni che non ha chiesto. Dico che secondo me questo è
ancora più grave, perché con una mentalità simile così diffusa
anche cambiando il colore del padrone la musica non cambia.
D: Il titolo ti ha fatto da guida nella realizzazione
dell'opera o lo hai scelto "in fundo", come consigliano i
maestri della scrittura creativa?
R: Se i maestri lo consigliano avranno i loro motivi. Io l'ho
scelto prima, e se il titolo ha dei difetti, e ne ha, non sono
certo derivati dalla tempistica.
D: Quanto hai impiegato a scrivere il romanzo? Hai incontrato
difficoltà? Se sì, di che tipo?
R: Ho impiegato un anno, anche se per la precisione si
tratta di due periodi diversi di sei mesi con un intervallo. La
vera difficoltà è stato scegliere quali pezzi tagliare, nella
prima stesura infatti il libro era molto più lungo.
D: Nella stesura dello scritto: hai seguito qualche
suggerimento? Ci sono state delle tappe?
R: Purtroppo no. Dico purtroppo perché ho lavorato senza un
metodo e questo mi è costato inevitabilmente fatica. Nel secondo
romanzo al contrario sono partito con un piano di lavoro preciso
e posso dire che tutto scorre in maniera molto più fluida
D: Nell'opera si nota una certa "laudatio temporum
antiquorum". In realtà, ti consideri: un progressista o un
conservatore?
R: Considero la contrapposizione tra conservatori e progressisti
un dualismo naturale, e come tale inevitabile ma anche inutile.
Chi è infatti conservatore e chi progressista? Sugli OGM per
esempio (che sono un esempio di progresso tecnico e come dice la
parola dovrebbero essere ben visti dai progressisti) la Sinistra
oppone a livello internazionale un fermo rifiuto, mentre la
Destra liberista e addirittura la Chiesa fanno aperture. Si
potrebbero fare altri esempi come questo dove le parti si sono
ribaltate, ma non è questo il punto. Io non spaccio verità
assolute e sui singoli problemi ho idee che possono coincidere
con questo come con l'altro schieramento. Quanto alla lode dei
bei tempi andati fa parte della natura umana, specie in questo
periodo storico dove le certezze (lo stato sociale, il posto di
lavoro) e le chiare appartenenze (le ideologie) sono alle
spalle, mentre davanti si stende un orizzonte ancora
incomprensibile ai più.
D: Questa scelta di campo ha influito sulla tua scrittura?
R: Questa "non scelta" di campo ha influito sicuramente sulla
mia scrittura ma influirà ancora di più (probabilmente in
negativo) sulla possibile diffusione dei miei scritti. Quando ti
leghi idealmente ad un gruppo, politico o religioso che sia,
diventi automaticamente "simpatico" ai suoi componenti e questo
facilita il tuo ingresso in tutti gli ambienti dove il suddetto
gruppo ha influenza. Quando invece, come nel mio caso, rifiuti
l'etichettatura, nessuno ti considera "uno dei suoi" e tutti ti
avvertono come elemento estraneo.
D: Le Edizioni Il Foglio ti hanno dato qualche consiglio? Per
esempio, sull'impostazione grafica della copertina?
R: Per la copertina hanno fatto tutto loro, me l'hanno proposta
ed io ho accettato. Non è molto poetico ma è andata così.
D: L'humour sul grottesco del romanzo mi sembra molto
spontaneo. Rispecchia, forse, il tuo carattere?
R: In realtà sono molto peggio. Se il sarcasmo fosse una
disciplina olimpica salirei sul podio ogni quattro anni.
D: Essere riuscito a pubblicare un libro, indubbiamente, ha
rafforzato la tua autostima. Ha modificato, in qualche modo, il
tuo rapporto con gli altri?
R: A dire il vero la mia autostima non è vincolata alle mie
vicende editoriali. Pubblicare un libro non è difficile, il
problema è pubblicarlo con qualcuno che abbia una effettiva rete
di distribuzione e la volontà reale di promuoverlo. Per quanto
riguarda poi il mio rapporto con gli altri ti dirò che il 90%
delle persone che mi conoscono non sanno niente di Devil Buio, e
alcune che ne hanno sentito parlare non sanno che quello
pseudonimo corrisponde a quella persona che loro conoscono nella
vita reale. Lo so, mi diverto male, ma sono fatto così.
D: Il tuo lavoro di prossima pubblicazione?
R: Esce proprio a luglio per le Edizioni Clandestine e si
intitola "seduti dalla parte del torto", non è pulp come il mio
primo lavoro ed è più squisitamente fantapolitico.
E' la storia di un equivoco tragicomico, dove un paesino della
campagna toscana diventa il nuovo obiettivo della campagna
Enduring Freedom. La piccola comunità viene infatti accusata di
dare copertura ad una cellula di fondamentalisti islamici, e un
gruppetto di pensionati, usi di solito a passare le loro
giornate giocando a briscola, si ritrova a barricarsi dentro la
chiesa del paese per far fronte all'attacco dell'esercito più
forte del mondo. Attraverso le storie e i commenti di accusati e
accusatori, la storia si svolge tra spunti umoristici e
drammatici nelle dodici ore che precedono lo scadere
dell'ultimatum americano.
D: Curi molto lo stile? Quale consiglio, a proposito, puoi
dare a chi si accinge, per la prima volta, a scrivere un
racconto o un romanzo?
R: Nel mio primo libro non ho curato molto lo stile volutamente,
vista l'ambientazione, nel secondo ci ho lavorato un po' di più.
In ogni caso non credo di essere al livello di chi può dare
consigli in merito. Posso però riportare un consiglio attribuito
al grande Hemingway da Sepulveda in uno dei suoi libri. Secondo
lo scrittore cileno il buon Ernest diceva sempre che una parola
in meno non cambia il senso di un romanzo, una in più può
distruggerlo. Un elogio dello scrivere asciutto.
D: Qual è il tuo genere preferito? Il tuo scrittore
preferito?
R: Non ho un genere preferito, in tutti i campi della
letteratura ci sono capolavori e cose discutibili. Il mio libro
preferito è indubbiamente "Candido" di Voltaire, mentre lo
scrittore che più mi affascina non ho potuto fare a meno di
citarlo già, il grande Hemingway.
D: Scrivi anche racconti?
R: In genere no anche se mi è capitato. La mia autentica
passione è per i post, i brevi articoli che si pubblicano sui
blog. A tal proposito approfitto per dire che Devil Buio, prima
di essere uno scrittore, è un blogger, e lo si trova
regolarmente all'indirizzo
http://devilbuio.blog.tiscali.it
D: Cosa potrebbero fare, secondo te, le case editrici per
stimolare e sostenere gli scrittori esordienti?
R: Sono pessimista in materia. Non sarebbe male se cominciassero
con piccoli passi, per esempio iniziando ad usare un minimo di
buona educazione.
D: Un consiglio per uno scrittore alle prime armi.
R: Ho un motto di origine orientale, "non esaltarsi per le
vittorie, non deprimersi per le sconfitte". La miglior cosa da
fare è disilludersi subito sul mondo dell'editoria e della
cultura in genere, dopodiché vivere la scrittura come l'hobbista
vive il modellismo. Tranne rarissimi casi con i libri non si
diventa né ricchi né famosi. Chi scrive sognando la gloria e
solo perché un foglio bianco e una penna sono alla portata di
tutti che smetta quanto prima, meglio che indirizzi le proprie
energie sulle prossime selezioni per il Grande Fratello.
D: In questi ultimi anni le scuole hanno incentivato la
lettura di opere di autori esordienti. Cosa ne pensi?
R: Penso che tra i professori di scuola ci devono essere un
sacco di autori esordienti. Ecco il sarcasmo.
D: Quali progetti per il tuo futuro "da grande"?
R: Qualcuno ha detto che nella carriera di uno scrittore ci sono
necessariamente tre tappe, ovvero, giovane promessa, solita
cagata e vecchio trombone. Il mio primo progetto è adoperarmi
affinché Devil Buio resti lontano da questa triste parabola.
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