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Orsù! Andiamo a Gyor!
Lontanissima è Gyor, Gyor è qui!
Il castello, l'incrocio dei fiumi, le piazze, tutto è Gyor! Gyor
è la nostra città, è il nostro tempo! Queste giornate grigie
sono di Gyor come di questi anni Duemila, questo primo decennio
del millennio. Quanti millenni sono passati per Gyor?
Quando
torneremo a Gyor rivedremo molte cose. Prima dobbiamo andarci,
partire, prendere le borse viola, rosse, blu, quel poco di cui
abbiamo bisogno quello che non dimenticheremo mai. Una stampante
non dovrebbe mai incepparsi, così come i pianoforti non
dovrebbero mai avere bisogno di essere accordati. A Gyor c'è la
confluenza di due fiumi, una piazza con una chiesa, un
ristorante - ci abbiamo mangiato un giorno freddissimo d'estate,
i vetri si appannavano, ci potevamo scrivere con le dita. Quando
saremo a Gyor ci torneremo un caldo giorno di inverno. E' già
assai che oggi sia sabato, che noi partiamo di sabato. Io il
sabato sono proprio strano, francamente è un sabato inusuale, il
disagio quasi non si può sopportare - chiudiamo la luce
elettrica, c'è un sole malato ma forte, brucia gli occhi, questo
libro è scritto in inglese, sui cartelli che indicano le terme
di Gyor hanno appiccicato etichette adesive in inglese.
Scacciamo la tristezza! Gyor ci attende! Tra tutte le cartoline,
quelle che preferiamo hanno il formato un po' disuguale,
leggermente quadrato, come facevano una volta. Hanno i bordi
leggermente ripiegati, i colori opachi e un po' artificiali come
i film degli anni Sessanta. Una volta a Gyor c'era il grande
mercato del bestiame, venivano da tutta la regione. Erano giorni
di grande festa, tutte le locande si riempivano, le osterie
stavano aperte fino alle due di notte, i girarrosti giravano
agli angoli delle strade, si vendevano cartocci di patate, si
allestivano tendoni, banchi con le scodelle per la minestra.
Le
minestre di Gyor! lontana è la città e questo giorno sentiamo
più vicino il tempo quando ci alleeremo e vinceremo le elezioni,
quella sera mi ubriacherò, non l'ho mai fatto. Prima andremo in
macchina a festeggiare per le strade con una bandiera - non
possediamo bandiere democratiche o della squadra della nostra
città, ma solo dell'Italia, mi premunirò - suoneremo il clackson,
faremo un gran casino. Poi, ubriaco di entusiasmo, tornerò a
casa, aprirò le finestre della prima stanza e accenderò il
giradischi, lo metterò al massimo volume. Nessuno protesterà
perché metterò Bach e Beethoven, guai a chi protesta! fossero
anche le due di notte, guai!
Quindi cominceremo a bere, dire, fare sciocchezze, baciare tutto
intorno: specialmente mi attaccherò al telefono e chiamerò tutti
gli amici per urlare loro che abbiamo vinto. Abbiamo vinto!
abbiamo vinto! possiamo ritornare a Gyor!
Faremo infine moltissime altre cose bellissime a Gyor: andremo a
comprarci qualche CD a metà prezzo, torneremo perfino a fare
gite sui fiumi, così passeremo sereni qualche ora nei giardini,
in riva alla Raba o al braccio del Danubio. Qualche volta, sul
greto dei fiumi, ci sono sassi, qualche volta un po' di rena.
Certamente da qualche parte ci sarà la sabbia, o il ghiaino, o
la felicità, oh, sì! ci sarà pure! - il difficile è sapere chi
dove come cosa quando perché. Ci è del tutto indifferente se
qualcuna di queste cose tocchi a noi o a qualcun altro, è
sufficiente che da qualche parte ci sia o ci sia stata - se così
è stato una volta, altrettanto da qualche parte per qualcuno
risarà. Per esempio: se andiamo alle terme, un addetto mette un
po' di musica, e poi mangiamo qualcosa, giusto per ammazzare le
noia, giusto per essere felici. Questa cosa sarà. Oppure se
giriamo in su e in giù, la sera dopocena, e guardiamo la gente
passeggiare, o sentiamo le tortore che, nelle stradine che
incrociano Via Liszt, ci allietano col loro tubare. Anche questa
cosa risarà. Liszt visse una vita felice, era altruista. Erano
anche quelli giorni di festa, sarà festa anche più grande quando
ritorneremo a Gyor!
Dicevo:
manca forse un'infinità di cose per essere felici, o forse ne
manca una sola - andavamo a casa per strade vuote, chissà com'è
la nostra vita oggi chissà come sarà domani. Sui prati dell'orto
botanico crescono i papaveri, il vento li agita dolcemente. Ai
pappagalli di Gyor occorre offrire zollette di zucchero per
educarli. A Gyor l'unica cosa dove non andremo mai sarà lo zoo.
Ci passerò davanti e anche là farò un gran casino, senz'altro,
senza casino non si può vivere, senza amore pure. Questa volta
succederà qualcosa di importante, impareremo una lingua, anche
due, il giorno della fine non ci servirà né questo né quest'altro,
per certo nessuna cosa avrà il benché minimo valore. Abbiamo
troppe cose in casa e troppi pensieri nel cervello. Un cervello
funziona se pensa a Gyor, ai suoi ponti, al lastrico, agli
antichi Romani là accampati. Torneremo! torneremo! torneremo a
Gyor!
[guarda video - 220Kb]
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