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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi narrativi inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Partita di calcio a Napoli est di Giuseppe C. Budetta, Il cupolone di Giuseppe C. Budetta, Alle grotte di Burgio di Antonio Carollo, Ten bells (prima parte) di Italo Magnelli, La lastra di ghiaccio di Pietro Rainero, La dama inglese di Pietro Rainero

Poesia in italiano

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Erika Casini, Antonio Caterina, Rossana D'Angelo, Italo Magnelli, Emidio Montini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai Baggiani, Lucia Dragotescu, Aurelian Sorin Dumitrescu, Manuela Leahu, Valentin Nicolescu

Recensioni

In questo numero segnaliamo:
- "Nello spazio di un sogno" (poesie di F. Porta e dipinti di C. Monet)
- "Perché non cento" di Alessandro Pagani
- "Sedotto dall'incomprensibile" di Francesco Falcone

Articoli

La biblioteca poetica del Gozzano
di Pietro Rainero
Casanova autore di fantascienza ovvero una lettura moderna dell'Icosameron
di Massimo Acciai
Il dio ateo: realtà e fantasia tra Gaarder ed Ende
di Massimo Acciai
Il diverso e il fantastico
di Massimo Acciai
Viaggi e mappe di Roberto Balò
di Massimo Acciai
L'Isola delle Rose: nascita e morte di un'utopia
di Massimo Acciai
Due opposte concezioni del fantasy: il caso "Sempre ad est" e la saga del "Canto delle montagne"
di Massimo Acciai

Interviste

Norys il Nano e la principessa Giada: Intervista a Cristian Vitali
a cura di Massimo Acciai

 

 

Due opposte concezioni del fantasy: il caso "Sempre ad est" e la saga del "Canto delle montagne"
 

Massimo Acciai Baggiani
 


 

Come molti ho apprezzato le straordinarie potenzialità del genere fantasy leggendo Tolkien, ma poi ho seguito una strada mia buttando giù il mio primo e per ora unico romanzo fantasy, che casualmente è anche il mio primo libro pubblicato: "Sempre ad est". Si tratta di un romanzo piuttosto atipico: chiarisco questa mia considerazione confrontandolo con un altro romanzo italiano di questo secolo, anzi con una saga che rientra invece a pieno titolo nella grande tradizione tolkeniana: "Il canto delle montagne" di Cristian Vitali (a cui ho dedicato un'intervista); una buona opera fantasy, ben scritta, di cui ho letto il primo volume autopubblicato dall'autore, originario di Porretta Terme. Due testi opposti sotto molti aspetti, pur avendo in comune l'ambientazione fantasy (il "mondo secondario" di cui parla Tolkien), la lingua in cui sono stati scritti e il fatto che gli autori siano entrambi italiani e contemporanei, grandi ammiratori dell'autore de "Lo hobbit" e del "Signore degli anelli".
Nel primo volume de "Il canto delle montagne" Vitali ci fa fare la conoscenza di Norys, un Nano che ha deciso di vivere nel regno degli uomini, Nymor, in eremitaggio volontario. Sua unica compagnia, non molto gradita almeno all'inizio, una dispettosa ma simpatica fata di nome Sìgrin. Periodicamente il Nano va nella capitale a vendere le gemme che trova nel suo bosco: stavolta però viene coinvolto in un attentato alla giovane principessa Giada nel giorno del suo incoronamento. Agendo d'impulso Norys salva la mancata regina trascinandola via con se nella confusione dell'attacco magico delle non meglio identificate forze del Male, venendo inseguito e poi catturato dalle guardie reali le quali, fraintendendo le buone intenzioni del Nano, lo imprigionano. Intanto, in una storia parallela, seguiamo le vicende di Lucio, dell'elfo Arkèmisis e di Berengario - compagni d'arme nell'esercito nymoriano, incaricati segretamente di ritrovare la principessa dopo che Lucio si era accorto che il corpo decapitato rinvenuto nelle fogne non era quello di Giada. La ricerca porterà la piccola compagnia di improvvisati agenti segreti in una serie di disavventure e pericoli, ma una nuova alleata si unità a loro: l'elfa Esperia, incaricata inizialmente di ucciderli. Il primo volume si interrompe con l'incontro tra la compagnia di soldati e Norys, riuscito a fuggire, con Giada e Sìgrin e con la decisione di proseguire verso il regno dei Nani. Il secondo volume non l'ho ancora letto, mentre il terzo deve ancora uscire (stando alla pagina FB dell'autore, uscirà a dicembre 2016).
Per quanto riguarda invece il mio "Sempre ad est", si tratta di un'opera autoconclusiva, non è il primo volume di una saga (anche se ho in programma, vista anche la richiesta di alcuni miei lettori, di scrivere un altro romanzo ambientato nello stesso universo narrativo). Anche nel mio romanzo si parte da un personaggio "eremitico" che vive nel bosco: si tratta di Hynreck, un pacifico boscaiolo che possiede un surypanta femmina, Saj. Il surypanta è una mia creazione originale, che non ho ripreso dalla tradizione fantasy: è un animale magico, un piccolo felino di pelo blu, immortale, che ha il potere di far rivivere al suo proprietario come in una visione le vicende del passato. Il prezioso animaletto viene sottratto al nostro boscaiolo con l'inganno da parte di un mago malvagio che "colleziona" i surypanta, tenendoli nel suo castello magico che si sposta di luogo in luogo. Hynreck non ci sta e parte subito alla ricerca di Saj, seguendo le indicazioni di un mago suo amico (che altro non sono che I Ching) e seminando una scia di cadaveri lungo la strada, essendo costretto ad uccidere più volte per legittima difesa. Lungo il cammino la sua ricerca di incrocerà con quella di due ragazze che lo aiuteranno a riconquistare il surypanta fino all'epico ed apparentemente impari scontro col potente Mago.
In entrambi i romanzi abbiamo il tema della ricerca - tema comune a tutta la narrativa fantastica - ma vi sono molte e sostanziali differenze nella visione narrativa dei due autori (mia e di Vitali). Vorrei impostare questo confronto prendendo in considerazione vari aspetti:

A) Aspetto politico. Si dice che il genere fantasy sia "di destra": certo è molto conservatore; si parla di sovrani, di regni, di guerrieri, di virtù militari che possono richiamare un po' qualche sinistra ideologia di destra (scusate il bisticcio) pur non arrivando a dichiararsi smaccatamente fascista o peggio nazista. Tuttavia la concezione politica è quella medievale o medievaleggiante, e lo stesso Tolkien non ha mai nascosto la sua antipatia verso il comunismo che - pare - abbia voluto rappresentare nel regno totalitario ed omologante di Sauron, l'Oscuro Signore di Mordor. Nel fantasy lo scontro tra il Bene e il Male non si realizza certo in uno scontro tra Monarchia e Democrazia: esiste solo la prima, da entrambi gli schieramenti, e viene esaltato il sacrificio bellico per la casa regnante da parte dei "buoni" mentre i "cattivi" sono solo cattivi e basta, senza volto e senza nome. L'opera di Vitali, di chiara ispirazione tolkeniana, non sfugge a questa logica: la principessa Giada, che sta per essere incoronata sovrana del regno di Nymor, è certo gentile, altruista e coraggiosa, ma è pur sempre una nobile la cui vita, legata alla sua carica politica, va messa davanti a quella dei suoi sudditi che "giustamente" si immolano per lei.
In "Sempre ad est" non si fa accenno a nessuna monarchia o sistema feudale. Magari esistono regni e reali anche nel mondo pure medievaleggiante di Hynreck, "eroe" atipico sotto molti aspetti, ma non sono importanti per la storia e certo il nostro eroe non si sacrificherebbe mai per il suo eventuale sovrano. Ad Hynreck interessa solo vivere in pace del suo lavoro, senza rogne. D'altra parte si tratta di un "medioevo" fantastico, privato delle caratteristiche più brutali e antidemocratiche del medioevo reale (e anche del "mondo secondario" creato da Tolkien), dove potrebbero esistere anche delle repubbliche…
Non so se il mio fantasy si possa proprio definire "di sinistra", ma certo rispecchia la mia idea anarchica.

B) Aspetto religioso. Tolkien, considerato universalmente il padre del moderno fantasy, si è sempre dichiarato fervente cristiano, come d'altronde il suo amico e collega scrittore C.S. Lewis, autore delle "Cronache di Narnia" (altra grande saga fantasy classica): nella sua opera tuttavia l'aspetto religioso è marginale e non determina la storia. Esiste sì un complesso pantheon, descritto soprattutto ne "Il Sirmarillion", che fa capolino anche nella trilogia del "Signore degli anelli", ma i personaggi non appaiono particolarmente devoti agli antichi dèi (che procedono in qualche modo dagli dei pagani delle saghe nordiche). Il romanzo di Vitali invece è sfacciatamente filo-cattolico (come l'autore d'altronde) e, sebbene neanche nel ciclo del "Canto delle montagne" il divino intervenga direttamente nelle vicende, i personaggi - soprattutto Lucio - sono devoti al limite del bigotto, inneggiando continuamente al Santo (a differenza della Terra di Mezzo, la religione dominante a Meridia è di tipo monoteista) che richiama chiaramente la religione cattolica.
In "Sempre ad est" l'elemento religioso è invece del tutto inesistente: i personaggi sono atei (come me d'altronde) e contano soltanto sulle loro proprie forze, senza rivolgersi a qualche divinità sovrannaturale. L'unico elemento che attinge al "mondo primario" (sempre per dirla con Tolkien) è il riferimento a I Ching, ma si tratta di un antico sistema filosofico-divinatorio cinese più che di un elemento religioso. Esiste certo la magia nel mio romanzo, e l'elemento sovrannaturale è funzionale alla storia, ma non si tratta affatto di qualcosa di sacro.

C) Aspetto militare. Aspetto questo collegato alla visione politica già accennata sopra. Il piatto forte delle saghe fantasy, a partire dalle origini, sono le scene di battaglia. Non ci si stupisce vista la discendenza del genere dall'epica classica, passando dal romanzo cavalleresco e dalle saghe scandinave. La lotta si realizza tra gli eserciti delle forze del Bene e quelli delle forze del Male che si svolge su vasta scala, coinvolgendo interi popoli e intere razze. L'opera di Vitali non fa eccezione: gli echi di battaglia compaiono già nel primo libro, senza arrivare alla guerra, ma sono pronto a scommettere che questa si realizzerà nei volumi successivi.
La mia al contrario è un visione fortemente pacifista. Hynreck combatte contro il Mago per riottenere quel che è suo, ma si tratta di una guerra personale, che non coinvolge nessun altro a parte le due ragazze che lo aiutano nella sua missione. Trovo insopportabile la descrizione di scene di battaglia, tanto che le ho sempre saltate a pié pari nelle mie varie riletture de "Il signore degli anelli": è forse l'aspetto che meno mi piace del genere fantasy. Nella narrativa la guerra mi annoia terribilmente, nella realtà invece mi fa proprio orrore.

D) Aspetto razziale. Gira e rigira le razze sono sempre le stesse, tratte dall'epica nordica: Uomini, Nani, Elfi e Orchi. C'è qualche personaggio che non rientra in nessuna di queste razze (come Gollum o qualche mostro dall'origine sconosciuta) ma sostanzialmente non c'è molta originalità. Certo: Tolkien ha creato i simpatici Hobbit, che non ha ripreso da altri autori e che sono entrati poi a buon diritto nel genere, anche se non mi risulta che siano stati a loro volta ripresi da autori successivi. Io ho creato il surypanta.
Le razze di rado sono in buoni rapporti tra loro: generalmente c'è diffidenza se non proprio aperta ostilità. Tuttavia, come giustamente nota Adolfo Morganti in un suo saggio sulla figura del "diverso" nell'opera tolkeniana (vedi bibliografia), le varie razze finiscono poi per superare la reciproca mancanza di fiducia in nome di un ideale superiore (come avviene nella Compagnia dell'Anello, in cui convivono Hobbit, un Nano, un Elfo, un Uomo e uno Stregone). Vedi anche il mio articolo "Il diverso e il fantastico".
Nel "Canto delle montagne" sono presenti tutte le razze classiche (Elfi, Nani, Uomini, Orchi e Fate) più una orripilande creatura che assale la compagnia di soldati sulle montagne. In "Sempre ad est" invece ci sono solo due "razze": quella umana e quella dei surypanta, ossia una razza animale. D'altronde non mi sono rifatto, scrivendo il mio romanzo, né a Tolkien né alla mitologia, preferendo creare un "mondo secondario" originale.

E) Aspetto temporale. La storia di Meridia, come quella di Arda e della Terra di Mezzo, si svolge su varie ère e su migliaia di anni di omogeneo medioevo in cui non cambia nulla: nessun progresso tecnologico, sociale o culturale. Migliaia di anni in cui le società restano sostanzialmente identiche a se stesse: solo un susseguirsi di guerre e di dinastie. Neanche nel medioevo reale si assiste ad un'immobilità simile! Un'analoga osservazione si potrebbe fare paradossalmente anche per certa fantascienza: vedi l'Impero Galattico di asimoviana memoria, dove anche lì in migliaia di anni, anzi decine di migliaia, non cambia nulla. Tuttavia nel primo volume si parla della super-civiltà di Mit-Ulliand, decaduta ed estinta, che aveva raggiunto le vette massime della conoscenza e della scienza, riuscendo perfino in un intento che sa di "futuristico", ovvero viaggiare attraverso la luce usando le Pietre Radiose. C'è quindi non una insensata linearità nello sviluppo temporale, dalle origini fino al presente, bensì una profonda, improvvisa e drammatica regressione, che riporta Meridia a uno stato di vita "medievale". E anche questo fa parte di tutta la simbologia presente nell'opera, che via via continuerà a svelarsi durante i cinque libri, parlando non di un nostalgico passato, ma focalizzandosi sul nostro presente con tutte le sue più ardue realtà. "Posso dire tranquillamente" afferma Cristian Vitali, e mi sembra giusto riportare anche la sua replica "che Il Canto delle Montagne è un'opera che nasce nel presente e guarda verso il futuro. Del passato ha solo il vestito."
Ad ogni modo il mio surypanta attraversa anch'esso migliaia di anni di storia, forse addirittura milioni essendo immortale, ma pur restando identico vede il mondo cambiare e il finale del mio romanzo - un finale a sorpresa che non spoilerò - lo testimonia.

In conclusione, pur rimanendo un grande estimatore di Tolkien e dei grandi maestri del fantasy anglosassone nei suoi vari sottogeneri (dallo "sword and sorcery" di Robert E. Howard alla recente saga delle guerre elfiche di Herbie Brennan, in cui il fantasy si contamina con la fantascienza), e apprezzando anche il fantasy nostrano nel libro di Cristian Vitali, opera godibilissima e di cui spero di leggere presto il secondo volume, ritengo che il genere andrebbe un po' rimesso al passo con i tempi e liberato da certe impostazioni "reazionarie" che lo hanno caratterizzato così a lungo. Chi lo ha detto che il fantasy è solo un genere per nostalgici del passato? Che non possa appassionare anche un pubblico progressista? Che non possa farsi veicolo insomma di nuovi ideali?

PS. Ringrazio l'amico Italo Magnelli, il quale mi ha regalato il primo volume dell'opera di Cristian Vitali per il mio compleanno. Senza di lui non avrei probabilmente mai scoperto questo interessante autore fantasy.


Firenze, 5-6 maggio 2016


Bibliografia

1. AAVV, Il "diverso" e il suo ruolo nella fantascienza e nel fantasy, Firenze, Polistampa, 2006.
2. Acciai M., Sempre ad est, Aosta, Faligi, 2011.
3. Acciai M., "Il diverso e il fantastico" in Segreti di Pulcinella n.49, maggio 2016
4. Tolkien J.R.R, Lo hobbit o la Riconquista del Tesoro, Milano, Adelphi Edizioni e La Nuova Italia, 1996.
5. Tolkien J.R.R, Il signore degli anelli, Milano, Bompiani, 2000.
6. Tolkien J.R.R, Albero e foglia, Milano, Bompiani, 2000.
7. Tolkien J.R.R, Il Silmarillion, Milano, Club degli Editori, 1980.
8. Vitali C., Il canto delle montagne. Libro primo: l'ombra della congiura, Narcissus.

 
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