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10 AFORISMI in poesia...
di Andrea Cantucci  

Interviste

Paolo Adamo è autore del romanzo "giovanile": Milano Baby'lone intervista a cura di Alessandro Rizzo

Recensioni

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- Il mangiatore di pietre di Davide Longo, recensione di Simonetta De Bartolo
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- Dipintore di sogni di Cesare Lorefice, nota di Anna Maria Volpini
- La bambina è soprappensiero e non lo dice di Martina Magno
- Il mercante di eresie di Andrea Moneti

"Milano Baby'lone": il romanzo giovanile
 

Intervista a cura di Alessandro Rizzo
 


Paolo Adamo è autore del romanzo "giovanile": "Milano Baby'lone". Il lungo viatico della storia di un ragazzo che porta a un passaggio e a un cambiamento nella propria vita, è la trama della narrazione: sullo sfondo il paesaggio "freddo" di una Milano contraddittoriamente familiare e ostile per il protagonista. Ne parliamo con Paolo, giovane scrittore, ma anche, indirettamente, giovane protagonista del romanzo.


L'ambientazione milanese, già definita nel titolo rappresenta un che di "rassicurante" e opprimente al tempo stesso: come spieghi questa frase? E' un paradosso da interpretare come?

Milano non è un ambiente rassicurante. Il protagonista si sente comunque a casa, insofferente, in un contesto familiare. Paolo, il protagonista, vive una fase di maturazione e di crescita con un legame forte con la città e, contemporaneamente, ha una spinta a evadere: l'ambiente inospitale per una personalità quale è quella del protagonista. Vive una difficoltà a emergere perché controcorrente. Il carattere del protagonista muta in base al confronto che esso stesso definisce con la città. Lo scontro con l'esterno, la città, diventa anche scontro con sé stesso. La città è specchio del suo inconscio.

Possiamo parlare di Milano Babyl'one come un romanzo che assume un punto di vista, spesso, autobiografico?

Nel momento in cui scrivevo il punto di vista del personaggio corrispondeva con quello dell'autore: le realtà descritte sono a me sensibili, i tratti più caratteristici del luogo mi ha aiutato a fare emergere una vicenda in cui potevo maggiormente esprimere le mie emozioni, i miei sentimenti. Ancora mi trovo a confrontarmi con questa persona, ma essa è cambiata, si è evoluta, in quanto il cambiamento non coincide con la svolta assoluta, ma come un tassello ulteriore di un percorso di crescita personale.

Possiamo ascrivere l'opera a un genere specifico in ambito letterario? Oppure non può essere ascrivibile a nessun genere?

L'opera è prettamente narrativa, introspettiva e descrittiva. Creazione di qualcosa che non è mai avvenuta. Ho elaborato esperienze personali, fantasie riflessioni sull'uomo in generale, sui luoghi, gli ambienti.

Perché il titolo "Babyl'one"?

La differenza diventa importante nel momento in cui provo a dare una spiegazione del gioco di parole del titolo: il gioco di parole sta nel fatto che quell'apostrofo lega le parole BABY ALONE (letteralmente, in inglese "ragazza sola") nell'unica parola Babylon (il termine usato dai cantanti Reggae per descrivere un sistema sociale ostile che spesso viene identificato con quello della civiltà occidentale, ispirato alla Babilonia Biblica). A Milano Paolo vive momenti di estrema difficoltà di inserimento in contesti sociali. Ma Baby, che è parte della parola "Baby'lone", è significante della ragazza, la protagonista, Camilla, con un ruolo primario nella trama della narrazione. Camilla è sola nella storia, si sente depressa, fortemente abbandonata a sé stessa. Camilla è passiva rispetto ai fatti che accadono: è problematica, ma nella sua passività fa succedere qualcosa. In Camilla ci sono elementi caratteriali presenti in molte donne.

L'idea del romanzo quando e da cosa è nata?

Le righe citate con cui si apre il romanzo sono della canzone "Big City Life" di Mattafix in cui si identifica la vita di una grande città con il concetto di Babylon sopra descritto.
Sono state in effetti fonte di ispirazione, e sottofondo mentre nella mia testa si "materializzava" l'intera trama, in una notte in cui non riuscivo a dormire e, accedendo la radio, ho ascoltato la canzone di Mattafix. Lo scrivere, ho pensato, mi potrebbe aiutare a esprimere quello che provo. Ho, così, costruito una trama, dei personaggi, il luogo e l'ambientazione, a me molto familiare in quanto si tratta di Milano. Potevo esprimere quello che pensavo.
Scrivere mi è sempre piaciuto: quando facevo viaggi, spesso mi capitava in passato, mandavo delle email di aggiornamento ai miei amici molto lunghe, e decisi, al ritorno, di aprire un blog, dove la mia grafomania si è più consolidata. Realizzare un romano comporta difficoltà nell'individuare anche le caratteristiche dei personaggi, in un contesto che sia logico e consequenziale. La differenza era il passaggio dallo scrivere una lettera privata, o un diario, allo scrivere un racconto da pubblicare. La prima opzione infatti determina spesso un approccio alla scrittura modellato sulla personalita' dell'utente, o addirittura autoreferenziale nel diario personale. I registri cambiano. Scrivendo io mi posso esprimere: non credo di mettermi a nudo completamente, ma forse più di esprimere alcune mie riflessione delegandole ai miei personaggi.. Importante è sottolineare il messaggio che ho voluto trasmettere: noi siamo condizionati quando pensiamo di dare una direzione alla nostra vita. In Paolo c'è un tentativo di cambiare, ma la sua scelta non dipenderà da lui. Gli accadono cose impreviste, e non riuscirà ad avere il controllo della situazione. In genere è così; se abbiamo controllo vuol dire che siamo fortunati. Non esiste mai pura consapevolezza di quello che facciamo, né di quello che deriverà. Non sono ottimista chiaramente.

Chi è il protagonista: riusciresti a presentarlo, descrivendone i suoi lati caratteriali e personali?

Paolo è un ragazzo che si scontra con la realtà delle cose che aveva fino a quel momento completamente sottovalutato: perde l'illusione infantile della vita. Lo scontro che ha con la realtà esterna determina quell'innesco necessario per una propria autodistruzione da cui riprendere con un'altra visione della vita. Paolo è ragazzo fortemente realista, concreto, consapevole della sua situazione: ma tutto ciò si frammista con un sentimento di tristezza e di disincanto. Il disincanto, però, è anche il ponte per un suo ingresso nell'età adulta. Diventa insicuro nel momento in cui impatta con la realtà. Possiamo dire che il ragazzo è onesto con sé stesso, in quanto non si illude. Ma è anche tipico della sua età quello di disincantarsi, in quanto deve crescere. Qualcosa è capitato e questo qualcosa ha determinato in lui un obbligo a pensare a un cambiamento.

Quindi possiamo dire che Paolo è un ragazzo che conosce bene i suoi sentimenti?

Tiene in considerazione fortemente la dimensione universale dei sentimenti, nel rapporto con gli altri, soprattutto con il proprio amico.

Possiamo definire "Milano Babyl'one" un romanzo senza fine, ma che la fine è data dalla libera interpretazione della lettrice o del lettore?

Il romanzo finisce con la conclusione di un lungo viatico verso la presa di coscienza della vita e della propria esistenza.

E' un romanzo che possiamo considerare in parte "autobiografico"?

Il romanzo è ricondotto alla mia personalità per esprimere chiaramente il dentro e il fuori del personaggio di Paolo. In futuro non ho intenzione di scrivere qualcosa di ancora "autobiografico" con personaggi a me molto simili. Non sarà più un "Paolo" il protagonista", anche se in questo romanzo ci sono personaggi reali e anche immaginati. Ho immaginato una situazione con cui ho dovuto fare i conti.

"Fa sempre freddo": con questa frase si conclude la narrazione: possiamo parlare di romanzo esistenzialista?

"Fa sempre freddo": è tipico del rapporto che esiste tra un esterno e un interno, soprattutto alla luce delle conclusioni a cui arriva il protagonista principale. Prima non faceva così freddo. Vi è un superamento della passione, dello stimolo vitale: lo scontro con la realtà lo ha raffreddato. Fuori e dentro: fuori Milano novembrina; dentro una situazione esistenziale di incertezza, non definitiva. Dopo la "rivoluzione" del sé vede in sé le macerie, da cui nascerà è qualcosa magari di edificante e nuovo. Tutto ciò che non viene scritto può chiaramente aprire scenari di immaginazione per il lettore.

Quindi potrebbe esserti di interesse sapere quale seguito un ipotetico lettore con la sua fantasia narrativa potrebbe dare alla storia del romanzo?

Mi interessa di più sapere cosa pensano i lettori circa i personaggi, quale è il loro rapporto con essi, con alcuni di essi. Camilla, per esempio, ha avuto contraddistinte considerazioni da parte del pubblico.

In un panorama direi desolante per l'editoria, dove la logica commerciale della larga distribuzione e il cartello di fatto esistente tra le varie case editrici di grande portata, la difficoltà per le piccole di emergere nel mercato, si può parlare comunque, di un sottobosco letterario di autori sperimentali, indipendenti, nuovi, che può diventare concorrenziale tramite i circuiti alternativi della diffusione e della divulgazione (internet, la rete, copyleft, il tam tam dei conoscenti) alla distribuzione "main stream" di massa?

Non ho una conoscenza approfondita sulla questione. La rete, comunque, non ha funzionato come volevo. Ha funzionato maggiormente il passaparola. Gli amici, i conoscenti hanno incominciato a parlare del mio romanzo tra di loro, comunicandosi le impressioni e invitando altri a leggere il libro. E il mio lavoro è stato, così, un argomento di ponte che ha creato spunti di discussione e di conversazione. internet è stato solo l'inizio, ma la cosa più bella che mi fosse accaduta è la diffusione e la promozione del libro tra le persone, tramite la loro comunicazione. Alla fine nei ringraziamenti ho scritto questo.
Credo, comunque, che i canali alternativi di diffusione letteraria siano ancora non competitivi. Molti autori, per esempio, hanno utilizzato il web, i blog, come chiave per entrare nell'editoria di massa. Esiste un sottobosco di bloggers, autori innovativi, dove trovano spazio in un panorama, quello delle rete, che permette ancora a tutti di scrivere ed esprimersi. L'Italia comunque si trova anche in questo caso fortemente immobilizzata: niente riesce a venire dal basso. I bloggers, comunque, necessitano di nuove forme di espressione e di canali di conoscenza delle loro opere. In una marea di scritti e di persone che utilizzano la rete per comunicare, è facile, comunque, perdersi, non riuscire a essere visibili. Occorrerebbe una maggiore interazione tra autrici e autori: uno scouting di talenti più fitto.

Hai mai pensato di trasporre il romanzo in un film?

Diverse sono le persone che mi hanno fatto questa domanda. Sarei curioso di vedere cosa accade. Ma penso, allo stesso modo, che le immagini fotografano al realtà ma eliminano molte descrizioni particolari e approfondite a livello introspettivo e psicologico, che solo la parola può ancora lasciare vive. E penso che lo scritto lasci libera la fantasia della persona, mentre un'immagine condizioni fortemente l'immaginazione dello spettatore.

Hai in futuro già abbozzato una nuova opera? Potrebbe esserci un prosieguo del romanzo?

Il romanzo è finito lì, non ci sarò un seguito. Ho speranza di scrivere, comunque, dopo una lunga pausa, qualcosa di meglio La prima opera, Milano Babyl'one, ha dei margini di miglioramento: a 360°. Vorrei che ci fosse una maturazione nella scrittura, una costruzione più puntuale: sia dal punto di vista della trama, sia dal punto di vista della sequenzialità dei personaggi. Certamente il prossimo non sarà più un romanzo giovanile: Paolo ha un'altra ottica, è maturato. Vediamo cosa verrà fuori.

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