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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici inediti,
in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
poesie di Amanda Nebiolo,
Alejandro César Alvarez,
Paolo Del Rosso
Aforismi
Interviste
Paolo Adamo è autore del
romanzo "giovanile": Milano Baby'lone
intervista a cura di
Alessandro Rizzo
Recensioni
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"Milano Baby'lone": il romanzo
giovanile
Paolo Adamo è autore del romanzo
"giovanile": "Milano Baby'lone". Il lungo viatico della storia
di un ragazzo che porta a un passaggio e a un cambiamento nella
propria vita, è la trama della narrazione: sullo sfondo il
paesaggio "freddo" di una Milano contraddittoriamente familiare
e ostile per il protagonista. Ne parliamo con Paolo, giovane
scrittore, ma anche, indirettamente, giovane protagonista del
romanzo.
L'ambientazione milanese, già definita nel titolo rappresenta
un che di "rassicurante" e opprimente al tempo stesso: come
spieghi questa frase? E' un paradosso da interpretare come?
Milano non è un ambiente rassicurante. Il protagonista si sente
comunque a casa, insofferente, in un contesto familiare. Paolo,
il protagonista, vive una fase di maturazione e di crescita con
un legame forte con la città e, contemporaneamente, ha una
spinta a evadere: l'ambiente inospitale per una personalità
quale è quella del protagonista. Vive una difficoltà a emergere
perché controcorrente. Il carattere del protagonista muta in
base al confronto che esso stesso definisce con la città. Lo
scontro con l'esterno, la città, diventa anche scontro con sé
stesso. La città è specchio del suo inconscio.
Possiamo parlare di Milano Babyl'one come un romanzo che
assume un punto di vista, spesso, autobiografico?
Nel momento in cui scrivevo il punto di vista del personaggio
corrispondeva con quello dell'autore: le realtà descritte sono a
me sensibili, i tratti più caratteristici del luogo mi ha
aiutato a fare emergere una vicenda in cui potevo maggiormente
esprimere le mie emozioni, i miei sentimenti. Ancora mi trovo a
confrontarmi con questa persona, ma essa è cambiata, si è
evoluta, in quanto il cambiamento non coincide con la svolta
assoluta, ma come un tassello ulteriore di un percorso di
crescita personale.
Possiamo ascrivere l'opera a un genere specifico in ambito
letterario? Oppure non può essere ascrivibile a nessun genere?
L'opera è prettamente narrativa, introspettiva e descrittiva.
Creazione di qualcosa che non è mai avvenuta. Ho elaborato
esperienze personali, fantasie riflessioni sull'uomo in
generale, sui luoghi, gli ambienti.
Perché il titolo "Babyl'one"?
La differenza diventa importante nel momento in cui provo a dare
una spiegazione del gioco di parole del titolo: il gioco di
parole sta nel fatto che quell'apostrofo lega le parole BABY
ALONE (letteralmente, in inglese "ragazza sola") nell'unica
parola Babylon (il termine usato dai cantanti Reggae per
descrivere un sistema sociale ostile che spesso viene
identificato con quello della civiltà occidentale, ispirato alla
Babilonia Biblica). A Milano Paolo vive momenti di estrema
difficoltà di inserimento in contesti sociali. Ma Baby, che è
parte della parola "Baby'lone", è significante della ragazza, la
protagonista, Camilla, con un ruolo primario nella trama della
narrazione. Camilla è sola nella storia, si sente depressa,
fortemente abbandonata a sé stessa. Camilla è passiva rispetto
ai fatti che accadono: è problematica, ma nella sua passività fa
succedere qualcosa. In Camilla ci sono elementi caratteriali
presenti in molte donne.
L'idea del romanzo quando e da cosa è nata?
Le righe citate con cui si apre il romanzo sono della canzone
"Big City Life" di Mattafix in cui si identifica la vita di una
grande città con il concetto di Babylon sopra descritto.
Sono state in effetti fonte di ispirazione, e sottofondo mentre
nella mia testa si "materializzava" l'intera trama, in una notte
in cui non riuscivo a dormire e, accedendo la radio, ho
ascoltato la canzone di Mattafix. Lo scrivere, ho pensato, mi
potrebbe aiutare a esprimere quello che provo. Ho, così,
costruito una trama, dei personaggi, il luogo e l'ambientazione,
a me molto familiare in quanto si tratta di Milano. Potevo
esprimere quello che pensavo.
Scrivere mi è sempre piaciuto: quando facevo viaggi, spesso mi
capitava in passato, mandavo delle email di aggiornamento ai
miei amici molto lunghe, e decisi, al ritorno, di aprire un blog,
dove la mia grafomania si è più consolidata. Realizzare un
romano comporta difficoltà nell'individuare anche le
caratteristiche dei personaggi, in un contesto che sia logico e
consequenziale. La differenza era il passaggio dallo scrivere
una lettera privata, o un diario, allo scrivere un racconto da
pubblicare. La prima opzione infatti determina spesso un
approccio alla scrittura modellato sulla personalita'
dell'utente, o addirittura autoreferenziale nel diario
personale. I registri cambiano. Scrivendo io mi posso esprimere:
non credo di mettermi a nudo completamente, ma forse più di
esprimere alcune mie riflessione delegandole ai miei
personaggi.. Importante è sottolineare il messaggio che ho
voluto trasmettere: noi siamo condizionati quando pensiamo di
dare una direzione alla nostra vita. In Paolo c'è un tentativo
di cambiare, ma la sua scelta non dipenderà da lui. Gli accadono
cose impreviste, e non riuscirà ad avere il controllo della
situazione. In genere è così; se abbiamo controllo vuol dire che
siamo fortunati. Non esiste mai pura consapevolezza di quello
che facciamo, né di quello che deriverà. Non sono ottimista
chiaramente.
Chi è il protagonista: riusciresti a presentarlo,
descrivendone i suoi lati caratteriali e personali?
Paolo è un ragazzo che si scontra con la realtà delle cose che
aveva fino a quel momento completamente sottovalutato: perde
l'illusione infantile della vita. Lo scontro che ha con la
realtà esterna determina quell'innesco necessario per una
propria autodistruzione da cui riprendere con un'altra visione
della vita. Paolo è ragazzo fortemente realista, concreto,
consapevole della sua situazione: ma tutto ciò si frammista con
un sentimento di tristezza e di disincanto. Il disincanto, però,
è anche il ponte per un suo ingresso nell'età adulta. Diventa
insicuro nel momento in cui impatta con la realtà. Possiamo dire
che il ragazzo è onesto con sé stesso, in quanto non si illude.
Ma è anche tipico della sua età quello di disincantarsi, in
quanto deve crescere. Qualcosa è capitato e questo qualcosa ha
determinato in lui un obbligo a pensare a un cambiamento.
Quindi possiamo dire che Paolo è un ragazzo che conosce bene
i suoi sentimenti?
Tiene in considerazione fortemente la dimensione universale dei
sentimenti, nel rapporto con gli altri, soprattutto con il
proprio amico.
Possiamo definire "Milano Babyl'one" un romanzo senza fine,
ma che la fine è data dalla libera interpretazione della
lettrice o del lettore?
Il romanzo finisce con la conclusione di un lungo viatico verso
la presa di coscienza della vita e della propria esistenza.
E' un romanzo che possiamo considerare in parte
"autobiografico"?
Il romanzo è ricondotto alla mia personalità per esprimere
chiaramente il dentro e il fuori del personaggio di Paolo. In
futuro non ho intenzione di scrivere qualcosa di ancora
"autobiografico" con personaggi a me molto simili. Non sarà più
un "Paolo" il protagonista", anche se in questo romanzo ci sono
personaggi reali e anche immaginati. Ho immaginato una
situazione con cui ho dovuto fare i conti.
"Fa sempre freddo": con questa frase si conclude la
narrazione: possiamo parlare di romanzo esistenzialista?
"Fa sempre freddo": è tipico del rapporto che esiste tra un
esterno e un interno, soprattutto alla luce delle conclusioni a
cui arriva il protagonista principale. Prima non faceva così
freddo. Vi è un superamento della passione, dello stimolo
vitale: lo scontro con la realtà lo ha raffreddato. Fuori e
dentro: fuori Milano novembrina; dentro una situazione
esistenziale di incertezza, non definitiva. Dopo la
"rivoluzione" del sé vede in sé le macerie, da cui nascerà è
qualcosa magari di edificante e nuovo. Tutto ciò che non viene
scritto può chiaramente aprire scenari di immaginazione per il
lettore.
Quindi potrebbe esserti di interesse sapere quale seguito un
ipotetico lettore con la sua fantasia narrativa potrebbe dare
alla storia del romanzo?
Mi interessa di più sapere cosa pensano i lettori circa i
personaggi, quale è il loro rapporto con essi, con alcuni di
essi. Camilla, per esempio, ha avuto contraddistinte
considerazioni da parte del pubblico.
In un panorama direi desolante per l'editoria, dove la logica
commerciale della larga distribuzione e il cartello di fatto
esistente tra le varie case editrici di grande portata, la
difficoltà per le piccole di emergere nel mercato, si può
parlare comunque, di un sottobosco letterario di autori
sperimentali, indipendenti, nuovi, che può diventare
concorrenziale tramite i circuiti alternativi della diffusione e
della divulgazione (internet, la rete, copyleft, il tam tam dei
conoscenti) alla distribuzione "main stream" di massa?
Non ho una conoscenza approfondita sulla questione. La rete,
comunque, non ha funzionato come volevo. Ha funzionato
maggiormente il passaparola. Gli amici, i conoscenti hanno
incominciato a parlare del mio romanzo tra di loro,
comunicandosi le impressioni e invitando altri a leggere il
libro. E il mio lavoro è stato, così, un argomento di ponte che
ha creato spunti di discussione e di conversazione. internet è
stato solo l'inizio, ma la cosa più bella che mi fosse accaduta
è la diffusione e la promozione del libro tra le persone,
tramite la loro comunicazione. Alla fine nei ringraziamenti ho
scritto questo.
Credo, comunque, che i canali alternativi di diffusione
letteraria siano ancora non competitivi. Molti autori, per
esempio, hanno utilizzato il web, i blog, come chiave per
entrare nell'editoria di massa. Esiste un sottobosco di bloggers,
autori innovativi, dove trovano spazio in un panorama, quello
delle rete, che permette ancora a tutti di scrivere ed
esprimersi. L'Italia comunque si trova anche in questo caso
fortemente immobilizzata: niente riesce a venire dal basso. I
bloggers, comunque, necessitano di nuove forme di espressione e
di canali di conoscenza delle loro opere. In una marea di
scritti e di persone che utilizzano la rete per comunicare, è
facile, comunque, perdersi, non riuscire a essere visibili.
Occorrerebbe una maggiore interazione tra autrici e autori: uno
scouting di talenti più fitto.
Hai mai pensato di trasporre il romanzo in un film?
Diverse sono le persone che mi hanno fatto questa domanda. Sarei
curioso di vedere cosa accade. Ma penso, allo stesso modo, che
le immagini fotografano al realtà ma eliminano molte descrizioni
particolari e approfondite a livello introspettivo e
psicologico, che solo la parola può ancora lasciare vive. E
penso che lo scritto lasci libera la fantasia della persona,
mentre un'immagine condizioni fortemente l'immaginazione dello
spettatore.
Hai in futuro già abbozzato una nuova opera? Potrebbe esserci
un prosieguo del romanzo?
Il romanzo è finito lì, non ci sarò un seguito. Ho speranza di
scrivere, comunque, dopo una lunga pausa, qualcosa di meglio La
prima opera, Milano Babyl'one, ha dei margini di miglioramento:
a 360°. Vorrei che ci fosse una maturazione nella scrittura, una
costruzione più puntuale: sia dal punto di vista della trama,
sia dal punto di vista della sequenzialità dei personaggi.
Certamente il prossimo non sarà più un romanzo giovanile: Paolo
ha un'altra ottica, è maturato. Vediamo cosa verrà fuori.
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