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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, in lingua diversa
dall'italiano, purché rispettino i più
elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai,
Manuela Léa Orita,
Iuri Lombardi,
Tetiana Anatolivna
Vinnik
Recensioni
In questo numero:
- "L'amore ai tempi del Cavaliere" di
Francesco Vico
- "I Figli del serpente" di G.L.Barone
- "Il confessionale e l'apostolato" di Liliana
Ugolini
- "Venite Venite B-52" di Sandro Veronesi,
recensione di Stefano Gecchele
- "L'Oasi e la neve" di Monica Osnato,
recensione di Simonetta De Bartolo
- "L'amore arreso" di Zhang Ailing, recensione
di Rita Barbieri [pdf]
- "Belfine" di Paolo Ragni
- "L'ultima estate a Famagosta" di Paolo
Ragni, nota di Massimo Acciai
- "Adventurae" di Paolo Ragni
- "Racconti persi e dispersi" di Paolo Ragni
Incontri nel giardino
autunnale
Articoli
Letteratura per la Storia
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Donna Annunziata Maresca uscì
sull'uscio di casa che era ancora notte. Divaricò le
gambe grosse e vigorose, si sollevò la gonna di
panno fino alle ginocchia e mise le mani sugli
stinchi. Accovacciata in quella posizione invocò la
corrente - Soffia ponente. Soffia! -
Nel suo volto di quercia l'acqua del Vallone, il
fiume che lambisce Nocera, aveva scavato delle forre
dove raccogliere le lacrime.
Donna Annunziata aveva accompagnato al camposanto
tutti i maschi della sua famiglia, con il pianto. Ma
ogni notte li aveva accarezzati mentre dormivano.
Perché solo nel sonno si accarezzano i bambini, per
non gonfiargli il cuore con il calore delle
tenerezze.
Il pianto della donna si era sciolto nel legno e nel
lino del letto di nozze, ora vuoto.
E le sue urla rapprese come latte cagliato, sulla
croce, sulle bare scure portate a spalla dai
becchini.
L'uscio della casa di Donna Annunziata si apriva su
uno stanzone semi buio, al centro un tavolaccio dove
mangiare, appoggiare la testa sulle braccia,
ospitare, quando faceva buio, la stanchezza
maleodorante delle mani che imparavano a firmare con
il proprio nome.
La stanza ristagnava sempre di odori contadini e di
pomeriggio le voci sguaiate dei bambini urlavano a
memoria le litanie parrocchiali.
Chi ti ha creato? - Dio - rispondeva il coro. E chi
è Dio? - e le bocche sdentate dei bambini
articolavano - Dio è l'essere perfettissimo e… -
Donna Annunziata si era chiesta spesso come fosse
Dio, ma continuava a ridere mentre recitava le poste
di rosario tra le vecchie del vicinato.
Lei non ci capiva molto nei libri di preghiera. Le
piaceva l'odore della carta spessa che ingialliva e
la copertina nera disegnata a sbalzo con un san
Pietro in trono. Avevano un profumo diverso.
Guardava le figure nere di Cristo e degli apostoli
nell'orto degli ulivi, e mangiava pane duro bagnato
nell'olio.
Con le dita unte d'origano seguiva i contorni rossi
della passione.
Com'era la passione? Lei se l'immaginava con i
colori dei tramonti autunnali.
Il vicinato delle madri non si era ancora animato
quando la donna uscì per sentire il vento sotto le
gonne, tra le cosce.
Annunziata amava il vento di ponente, ma era un
segreto che custodiva stringendo i fianchi, con
occhi gelosi che guardavano intorno.
Sua nonna le raccontava che una donna è una crepa
nella terra dove mettere radici: nata con un vuoto
al centro che è capace di accogliere, confortare,
accudire.
Donna Nunziata pensava che sarchiare la terra e
sgombrarla dalle pietre è un lavoro da uomini, di
dita dure che spezzano un mallo di noce.
Aveva rigovernato bestie e uomini per tutta la vita,
allo stesso modo, imparando tutto: i maschi volevano
svuotarsi, le femmine essere riempite.
Era così anche per le piante. Per le rocce cave
ingrossate dal fiume.
Il destino della femmina è nascere gravida
dell'uomo, anche quando è destinate alla sterilità.
Lei era stata riempita dall'uomo dieci volte, e
dieci volte era stata svuotata della sua piccola
carne, che cercava il seno: ora tutti e dieci
riempivano di nuovo la crepa sotto la terra, con
tutti gli altri.
In quel richiamo di vento si sgravava di tutto il
peso dei suoi ottant'anni.
Gli occhi celesti sfavillavano, e da quelle due
finestre chiarissime tutte le nonne delle sue nonne
guardavano il mondo, come l'avevano già visto nei
secoli che erano passati su quelle terre.
Donna Nunziata aveva i colori pallidi, biondi
intensi e celesti sbiaditi, delle stirpi ungheresi
che anticamente erano dilagate nei campi di Nocera.
Quando la cripta del tempio non era stata ancora
murata, una volta era scesa laggiù per aggirarsi tra
le regine dei popoli ungheresi. Stavano sedute nelle
nicchie di terra bruna.
Nell'umidità aveva intravisto i loro volti,
consumati dalla fatica di resistere al tempo e
conservati dal buio.
Si era sentita premere forte sullo sterno dalla
pietra grezza, dal buco sterminato della cripta.
Si affrettò fuori e fu sedotta dal vuoto, per la
prima volta.
Il vuoto della sua cavità riempita di vento.
Corse fino alla cava di pietre dello zio, passò
oltre e si diresse verso l'Affonnatore: è questo il
nome che i contadini danno ad una spaccatura enorme
nella roccia.
Stretta e lunga, perennemente battuta dalle acque
del fiume, che in quel punto saltano nel vuoto e
affondano tra le pietre, ridotte in schegge di un
verde spugnoso.
Ancora oggi quel luogo la faceva sorridere, perché
quella fenditura assomigliava a una vagina.
Da allora aveva osservato tutte le donne più
anziane, quando scendevano al lavatoio e si
chinavano, gonfie di panni, sullo scolo delle acque.
Quando nessuno le guardava, entravano vestite nel
fiume, sembrava che si lasciassero cullare.
La nonna le aveva raccontato anche di una massa
d'acqua più grande, che stava lontano, a Salerno,
era simile al fiume ma enorme.
Lì vanno le donne a bagnarsi, per conoscere il loro
destino - così aveva detto la nonna. Per conoscere
il destino.
Ma Nunziata non si era mai spinta a Salerno.
Eppure il suo destino l'aveva conosciuto, prima nel
fiume e poi sulla terra. Ora lo richiamava a gran
voce dall'uscio di casa.
Dalla fabbrica di muratura spirava il vento di
Ponente.
Soffia Ponente - lo incitò Donna Nunziata - Soffia!
- e reclinò la testa sparpagliando i capelli.
Nei libri di preghiera non c'era scritto questo,
c'erano il fuoco e il respiro è vero. C'era Dio ma
era descritto uomo come gli altri.
Si sentì invasa di vento, sollevata come nessuna
mano di maschio ne sarebbe capace.
Una presa forte, delicata, che annega dentro il
corpo sviscerandolo.
Il suo destino cavo si riempiva di tutto.
In quei rari momenti si riempiva davvero di tutto.
Si sentiva perdere, mano a mano che il vento le
cresceva dentro.
Soffia Ponente. Soffia. - Lo incitò.
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