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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, in lingua diversa
dall'italiano, purché rispettino i più
elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai,
Manuela Léa Orita,
Iuri Lombardi,
Tetiana Anatolivna
Vinnik
Recensioni
In questo numero:
- "L'amore ai tempi del Cavaliere" di
Francesco Vico
- "I Figli del serpente" di G.L.Barone
- "Il confessionale e l'apostolato" di Liliana
Ugolini
- "Venite Venite B-52" di Sandro Veronesi,
recensione di Stefano Gecchele
- "L'Oasi e la neve" di Monica Osnato,
recensione di Simonetta De Bartolo
- "L'amore arreso" di Zhang Ailing, recensione
di Rita Barbieri [pdf]
- "Belfine" di Paolo Ragni
- "L'ultima estate a Famagosta" di Paolo
Ragni, nota di Massimo Acciai
- "Adventurae" di Paolo Ragni
- "Racconti persi e dispersi" di Paolo Ragni
Incontri nel giardino
autunnale
Articoli
Letteratura per la Storia
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"Allora, la carogna ha
parlato?".
"Non ancora maestà. Lo stiamo interrogando".
"E ci mettete tutto questo tempo. L'attentato c'è
stato la settimana scorsa o sbaglio".
"Non sbaglia maestà, solo che non lo abbiamo potuto
interrogare subito. Appena giunti sul posto le
guardie hanno prima dovuto recuperare tutti i pezzi
dell'attentatore suicida per poi rimetterli insieme.
L'esplosivo col quale si è fatto saltare in aria era
potentissimo".
"E ci voleva tanto per ricomporne il puzzle?".
"Sicuramente no. Il punto è che ci mancava l'ago e
il filo per ricucirlo e poiché l'at- tentato c'è
stato di domenica abbiamo dovuto aspettare che
riaprisse la Merceria del Regno il giorno dopo. Una
volta recuperati ago e filo abbiamo dovuto attendere
il rientro dalle vacanze del nostro sarto di
fiducia. Dopo la ricucitura abbiamo proceduto all'inter-
rogatorio che è tuttora in corso".
"E come mai non ha ancora parlato?".
"Si tratta di un osso duro maestà. Nonostante una
sequenza di domande rivoltegli con metodi molto
persuasivi, l'attentatore suicida continua a
trincerarsi dietro un ostinato mutismo. Ma stia
tranquillo, prima o poi parlerà".
"Lo credo bene. L'opinione pubblica esige una
risposta ben precisa. Ed io voglio dargliela durante
il prossimo discorso alla nazione".
"Non dubiti. L'avrà".
"Allora comunica che l'interrogatorio
dell'attentatore è ancora in corso e che per il
momento si è avvalso della facoltà di non
rispondere".
"Sarà fatto".
"Inoltre ricordati di dire anche che tutti i fondi
destinati alla scuola pubblica saranno trasferiti
alla scuola privata che, come ben sai, è di mia
proprietà. Il motivo con cui giustificherai questo
trasferimento sarà che la scuola privata funziona
meglio di quella pubblica".
"Ma è una cazzata maestà".
"Lo so che è una cazzata, e sarai tu a dirla.
Secondo te perché ti ho nominato Sparacazzate di
Corte? Per far credere ai sudditi tutte le cazzate
che voglio. A proposto: vai più spesso al poligono
di tiro ad esercitarti. Le cazzate che ti avevo
ordinato di sparare il mese scorso non hanno fatto
centro. Perciò allenati perché per sparare bene le
cazzate ci vuole una mira infallibile. Adesso
lasciami che devo lavorare".
"Arrivederci maestà".
La scrivania di Sacrosanto I era stata presa
d'assalto da alcuni decreti dormienti che il sovrano
si sarebbe dovuto accingere a firmare da un pezzo.
Li aveva proposti lui stesso alla Corte che, su sue
pressioni dovute al suo rango li aveva approvati
senza neanche esaminarli. Il ritardo con cui li
ratificava era un prassi costituzionale mediante la
quale si dava ad intendere ai sudditi che la loro
emanazione era frutto di un intenso dibattito.
L'oggetto del primo decreto era la politica estera.
Da tempo immemorabile il Regno era in guerra di
pacificazione con uno stato vicino e bisognava
approvare il rifinanziamento della pacifica impresa
bellica. Reperirne i fondi necessari era un
problema. Essendo il Regno tecnologicamente avanzato
e rispettoso della dignità umana, non si potevano
sputare sui nemici le solite bombe sceme. Dovevano
essere bombe intelligenti. E per fabbricarle
intelligenti bisognava trapiantarle di neuroni che,
a loro volta, venivano prodotti artificialmente in
laboratorio. Tutto ciò era costosissimo per le
affannate casse del Regno, orami in costante
deficit.
Come se non bastasse era montata la protesta degli
insegnanti che non solo pretendevano di non perdere
il lavoro, ma volevano addirittura essere pagati.
Per fronteggiare entrambe le emergenze il sovrano
decise di dotare i caccia della propria aviazione di
insegnanti in esubero da sputare durante i
bombardamenti a tappeto. Erano intelligenti come le
bombe e non comportavano spese extra per la
produzione di neuroni. Ed avevano lo stesso effetto
devastante. Cadendo da un'altezza di diecimila metri
sulla testa di un nemico non avrebbero potuto non
ucciderlo. Il tutto risparmiando l'inquinamento
acustico che invece causano le bombe.
L'oggetto del secondo decreto riguardava l'edilizia.
Molti degli edifici del Regno apparivano fatiscenti
ed insicuri e giocoforza si doveva intervenire, ma
anche in questo caso erano assenti le necessarie
risorse economiche per effettuare i collaudi. Per
eliminare questa crepa Sacrosanto I pensò di
utilizzare i ricercatori universitari atrofizzati
dalla mancanza di lavoro. Mediante decreto il
sovrano li obbligava in gran numero ad inscenare
interminabili proteste sui tetti in modo da
verificarne l'agibilità. Se sotto il peso della
protesta il tetto fosse crollato l'edificio sarebbe
stato ristrutturato ed i ricercatori deceduti
sarebbero stati seppelliti nel cimitero dei Martiri
del Sapere, se il tetto avesse resistito a quel
peso, non si sarebbero effettuati i lavori ed i
ricercatori sarebbero stati impiegati per il
collaudo successivo.
L'oggetto del terzo decreto era l'irrisolta
questione del sovraffollamento carcerario. I
provvedimenti di clemenza precedentemente adottati
si erano rivelati un boomerang perché i detenuti
ignoranti, avendo ripreso a delinquere non appena
scarcerati, avevano fatto presto ritorno in cella. I
detenuti colti invece, per non prendersi questo
disturbo, commisero dei reati stesso all'interno del
carcere in modo da non dover andare e venire.
Constatata la situazione Sacrosanto I pensò di
risolverla istituendo una pena alternativa alla
detenzione carceraria: il matrimonio. Tutti i
detenuti che non potevano fruire della cella erano
obbligati a sposarsi. Non essendo previsti nel Regno
né la separazione né il divorzio, il matrimonio
equivaleva ad un arresto domiciliare permanente. In
questo modo si sconfiggevano definitivamente i
sostenitori del braccialetto elettronico. L'anello
al dito avrebbe funzionato sicuramente meglio.
L'autorità religiosa del Regno, da sempre impegnata
contro la crisi della famiglia, accolse con fervore
questo provvedimento, compiacendosi di essere
subordinata alla volontà di un sovrano così ben
illuminato.
Firmati con grande baldanza i decreti sua maestà si
dedicò al suo hobby preferito. Lasciò il suo studio
e si diresse nella sua suite privata. Si schiantò
sul letto, gettò la sciabola sul pavimento, si
spogliò ed accese la radio. Un improvviso comunicato
stampa lo informò che, secondo l'ultimo sondaggio
effettuato, almeno il 70% dei sudditi avrebbe
gradito l'azione di governo se il sovrano si fosse
scopato una puttana di colore.
"Cosa fai con quel pennello e con quella vernice?
Richiama il servo che te lo ha portato e digli di
riprenderselo. Lascia stare no. Non voglio essere
verniciata di nero. L'odore della pittura mi dà
fastidio".
Aveva ragione. E poi l'odore della pittura non dava
fastidio solo alla puttana, ma anche a Sacrosanto I.
Senza contare che lui non aveva dimestichezza con il
pennello. Urgeva escogitare un'altra soluzione per
oscurare la sua pelle color bianco cambiale.
"Adesso basta!! Ti ho detto che non voglio diventare
nera. Ti prego no. Ti avevo implorato di chiamare il
servo per restituirgli il pennello, non per chiedere
rinforzi. Finiscila con quella bomboletta".
Sacrosanto I la finì con la bomboletta solo dopo
averla carbonizzata a colpi di spry. Archiviata la
pratica consenso era pronto a tuffarsi su di lei
quando la selezione musicale radiofonica fu
nuovamente interrotta da un altro comunicato stampa.
Venne così a conoscenza che secondo un più
aggiornato sondaggio il 90% dei sudditi sarebbero
stati contenti dell'azione di governo se il sovrano
si fosse scopato una puttana di colore con un seno
piccolo purché non rifatto. Meglio ancora se con una
sola mammella. In tempo di crisi due erano uno
spreco. In tal caso il consenso avrebbe raggiunto il
95%.
" Ma sei scemo! Aiuto!! Mi vuole ammazzare!!!
Rimetti a posto la sciabola. Giù le mani dal mio
seno. Ho due tette come tutte le donne e voglio
continuare ad averne due. Se vuoi fare sesso con
qualcosa che ha una sola collina allora fatti un
dromedario".
Farsi un dromedario sarebbe stato complicato. Dove
lo trovava in quel deserto di cemento che era il suo
Regno? Il tempo impiegato per importarlo sarebbe
stato eccessivo. Inoltre un dromedario non era
lontanamente paragonabile ad una puttana di colore.
Non aveva neanche una delle sue virtù. Ma era
necessario abbattere quegli ostacoli. Non si poteva
perdere l'occasione di incrementare il consenso tra
i sudditi. Doveva agire a tutti i costi. Impugnò la
sciabola e si avventò sulla puttana.
"Basta. Ti scongiuro non farlo. Assassinooooo. Un
po' di pietààààààààààààààààààààà".
La lama della sciabola stava per divellere la
mammella quando la voce dello speaker diede i
risultati di un sondaggio dell'ultima ora secondo
cui il 100% dei sudditi sarebbe stato entusiasta
dell'azione di governo se il sovrano fosse stato
eunuco.
Sacrosanto I rimase di ghiaccio. La sciabola gli
cadde dalla mano. La puttana l'afferrò e rese
entusiasta il 100% dei sudditi per l'azione di
governo.
"Di cosa ti lamenti? Perché continui ad insultarmi.
Invece di ringraziarmi. Il tuo cruccio era di
raggiungere il massimo dei consensi come dicevano i
sondaggi? Grazie al taglio che ti ho fatto adesso
tutto il popolo è con te".
Il sovrano piangente e sanguinante chiamò
immediatamente aiuto. Fecero irruzione nella sua
suite privata il medico, due infermieri, e lo
Sparacazzate di Corte. Terminati i soccorsi il
medico e gli infermieri andarono via.
"Tutto bene maestà?".
"Tutto bene un corno. Guarda come mi ha ridotto
questa sgualdrina. Adesso dovrai preparare una nota
ufficiale da comunicare con i dovuti modi ai
sudditi. A proposito, sei stato al poligono di
tiro?".
"Si maestà. Mi sono esercitato talmente bene che
subito si sono visti i risultati. Qualsiasi cosa
dicessi veniva creduta per oro colato. Proprio come
i sondaggi che la radio ha diffuso poc'anzi".
"Vuoi insinuare che quei dati non erano frutto di un
accurato campionamento statistico?".
"Niente affatto maestà. Erano le cazzate che mi sono
inventato. Funzionavano talmente bene che ho pensato
di farle irradiare. Chiunque ci sarebbe cascato,
compreso lei".
"Ed hai fatto tutto questo?" disse il sovrano
alludendo a quel che gli mancava tra le gambe.
"Certo maestà, altrimenti cosa mi avrebbe nominato a
fare Sparacazzate di Corte?".
"Stai pur certo che non la passerai liscia" minacciò
perentoriamente il sovrano.
"Eccome se la passerò liscia. Nelle condizioni in
cui si trova maestà, dovrà mollare lo scettro,
pardon, il suo secondo scettro visto che il primo
glielo ha già tolto la nostra amabilissima puttana.
Così io sarò il nuovo Re e tu" disse rivolgendosi
alla puttana "per ripagarti del rischio che hai
corso ma soprattutto per il servizio che hai reso al
Regno sarai la nuova Regina".
"Meno male che sarò la nuova Regina, anche se il
Regno ha corso il rischio di trovarsi con una
sovrana monotetta. E tu che non arrivavi mai".
"Come hai visto il comunicato c'è stato al tempo
giusto, come la reazione del Re e la tua. Ed io sono
arrivato in tempo. Era tutto calcolato".
"Ah si. E questo è quello che credete voi. Vi farò
vedere io chi sono. Regnerò ancora per mille anni e
vi farò condannare a morte. Farete una morte lenta
ed atroce".
Il mese successivo Sacrosanto I fu costretto ad
abdicare in favore dello Sparacazzate di Corte e
della puttana che diventarono i nuovi sovrani di
Fictionlandia. La sua ostinazione a voler rimanere
sul trono non poté durare oltre. Doveva per forza
andar via perché la sua condizione di evirato lo
infiacchiva giorno dopo giorno e l'azione di governo
si affievoliva sempre di più. I decreti che emanava
avevano perso la consueta lungimiranza che li
avevano contraddistinti. Nessun uomo poteva
pretendere di rimanere al potere senza essere più
munito della sua parte pensante. E questo valeva
soprattutto nel Regno di Fictionlandia dove il
potere logora chi non ce l'ha.
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