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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Tragica fine di un poeta / densità di Massimo Acciai, Elezione corporale di Giuseppe Costantino Budetta, Prologo alla traslazione di Paolo Filippi e Massimo Acciai, Prologo alla porta dei cieli di Paolo Filippi e Massimo Acciai, Ci vuole più coraggio a vivere che a vegetare di Giusi Craparotta, Flash di Iuri Lombardi, Zulira (prima puntata) di Antonella Pedicelli, Sogno e realtà di Lenio Vallati, Incontrarsi di Anna Maria Volpini

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Franco Baggiani, Maria Chiara, Andrea Cantucci, Eleonora Falciani, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Iuri Lombardi, Renato Lonza, Cesare Lorefice, Roberto Mosi, Luca Mori, Liliana Ugolini, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia Dragotescu, Andrea Fontana, Manuela Leahu

Incontri nel giardino autunnale

Intervista a Giacomo Corna Pellegrini
A cura di Matteo Nicodemo

Recensioni

- "L'urlo e il sorriso" di Enrico Campofreda - Marina Moneto, nota di Enrico Pietrangeli
- "Telepatia con i deceduti" di Eduardo Vitolo, nota di Massimo Acciai
- "Il meraviglioso Paese di Oz" di Monica Guido
- "Geshwa Olers e il viaggio nel Masso Verde" di Fabio Valenza
- "Dissolvenze" di Antonio Messina
- "Incunabolo" di Riccardo Merendi
- "Impara rapidamente le lingue" di Roberto Tresoldi
- "Lavorare stronca" di Angelo Zabaglio e Andrea Coffami
- "Reiki" di Francesca Bonelli, nota di Enrico Pietrangeli
- "Accordi e scale" di Franco Baggiani (scaricare qui)
- "L'adottato" di José Monti, nota di Massimo Acciai
- "Non particolari pensieri" di Luca Attardo
- "L'urlo che spezzò il silenzio" di Roberta Gatti, nota di Massimo Acciai
- "Obiettivo San Diego" di Achille Elio Stanziano, nota di Massimo Acciai
- "Le vie dei ritorni" di Luciana Caranci
- "Dissolvenze" di Antonio Messina
- "Io racconto, tu racconti" di Anna Maria Volpini e Maria Patrizia Renieri, nota di Massimo Acciai
- "Come una monodia" di Giancarlo Bianchi
- "Danza araba medioevale e danza interpretativa della poesia araba" di Marialuisa Sales, nota di Enrico Pietrangeli
- "Soffio interrotto" di Fabio D'Aprile, nota di Massimo Acciai
- "Un'altra giovinezza" di Mircea Eliade, nota di Enrico Pietrangeli
- "Al di là del muro" di Maria Viteritti

Interviste

Franco Buffoni
intervista a cura di Eduardo Vitolo
Fabio e Fabrizio Valenza
intervista a cura di Massimo Acciai
Maria Ianniciello
intervista a cura di Massimo Acciai
Achille Elio Stanziano
intervista a cura di Massimo Acciai e Marco Martino
Decadent Doll: intervista a Maddalena Lonati

Articoli

Ascoltare oggi le voci di Firenze
di Roberto Mosi
Enrico Pietrangeli: ad Istanbul tra pubbliche intimità
di Fiore Leveque

Teatro

Quando il teatro diventa consapevole espressione politica: intervista ai Malabobora
di Alessandro Rizzo

Quando il teatro diventa consapevole espressione politica
Intervista ai Malabobora

 

A cura di Alessandro Rizzo


In portoghese "bobora" vuol dire zucca. Inizia così l'intervista e il confronto, dialogo, dibattito, che si è creato con Laura e Alessandro che hanno ideato con altre persone giovani un nuovo progetto teatrale. Malabobora è il nome. La zucca si adatta con molti ingredienti, è povero, nutriente, completo, ma anche concreto perché viene dalla terra come frutto.
E' un suono che rimane nell'orecchio, prosegue Laura, ma è anche un riferimento a un Paese che è un punto di passaggio e di riferimento per la nostra compagnia. "Amata Libsona, città dell'eterna partenza e dell'eterno ritorno". Mala, invece, significa piccolo, quindi trasportabile e trasferibile, adattabile.
Ma anche perché Lisbona per i Malabobora è stata la prima tappa per il debutto teatrale all'estero. In quell'occasione, con un lavoro effettuato con interpreti e traduttori, e giovani studenti della Paolo Grassi, di cui fanno parte anche Laura e Alessandro che di Malabobora sono gli ideatori, si è inscenata un'opera scritta in portoghese, "Evaparacao", sul rapporto di dipendenza.
Diversi i percorsi, diverse le esperienze, diverse le storie dei costitutori di Malabobora, ma uniti da interessi artistici che si sono incrociati.
Alessandro scriveva un monologo sulla relazione di coppia, "Titoli di coda in bianco e nero", mentre Giulia e Laura seguivano la parte della regia. Il saggio finale realizzato, "Radici", dai diversi contributi, è il primo lavoro ufficiale di Malabobora, rappresentato in diversi contesti e diverse location, dalla cascina alla villa abbandonata per esempio.
Il valore della bellezza è stato il soggetto di un altro monologo, "Terra smossa". "In un momento di crisi - sottolinea Laura - è scattata la molla della scrittura, soprattutto in riferimento all'esperienza che ho fatto nei campi profughi nell'ex Jugoslavia, in Slovenia". Questa esperienza dura da 16 anni per Laura e ha indotto a dare vita a un testo dove i meccanismi quotidiani divengono per sé stessi drammi: "la bellezza diventa un atto di eroismo quotidiano".
Ma di che cosa tratta e come si struttura l'opera?
Antigone compare come voce a una studentessa che vive in un monolocale in una città stravolta dalla guerra: nella protagonista c'è una volontà di scegliere. La ragazza esce di casa, si imbelletta e affronta il dramma della città convulsa e scossa, appunto, dalla distruzione della guerra.
Il tema della scelta è anche in "Titoli di coda in bianco e nero" e le due opere si sono fuse in "Intero contemporaneo". In questa ultime performance, però, esiste una chiusura totale del personaggio rispetto al reale esterno. La prima e la seconda performance hanno dato vita a una fusione, "Interno contemporaneo".
Malabobora ha elaborato un vero e proprio manifesto sulla funzione del teatro oggi, e dell'attore principalmente. Laura è convinta che le parole non dipingono più le situazioni e che gli artisti rimangono spesso chiusi in una depressione autoreferenziale. la formazione del pubblico, dice Laura, è la scommessa più grossa su cui lavorare, ricercando un linguaggio teatrale per metterlo in scena. "Vogliamo cercare una risposta da addetti per capire il nostro compito attuale e la funzione del teatro" precisa Laura. Alessandro e Laura asseriscono all'unisono:"Esiste una responsabilità politica dell'artista". Il teatro nasce per essere pedagogico e politico, si conviene alla mia domanda sul ruolo del teatro oggi nella contemporaneità. Deve essere, dice Alessandro, uno strumento di riflessione e di autoriflessione continua, mettendo in scena temi anche classici ma con forti risonanze nel vivere. E' primario sapere cosa vogliamo fare come artisti, dice Alessandro.
Il rapporto con il teatro di rottura degli anni 70? Laura lo considera buono come riferimento, ma ormai appartiene a quel tempo, a quell'epoca. Alessandro chiosa dicendo:"noi cerchiamo forme di rottura ora, in questo nostro tempo". La parola, è indubbio,l acquista un significato forte e determinante, anche nel percorso di elaborazione del testo, dove il pubblico assume una funzione importante e incisiva, permettendo di formulare continue domande in riferimento al presente. La parola, secondo Laura, assume un peso specifico e deve essere tradotta in azione. Noi vogliamo dare peso e senso alla parola, identificandola con un atto nel presente. Non esiste una coscienza degli artisti. Nel teatro è necessaria molta dedizione e bisogna fare comprendere che è la relazione col pubblico che crea un rapporto importante. Con queste parole Laura spiega la filosofia di Malabobora. E' interessante l'esemplificazione di Laura:"Il teatro incrementa il benessere, ma non quello fissato con gli indici del PIL ma,bensì, con il grado di felicità". Interagire con il pubblico è la situazione migliore per garantire la forma politica dell'arte. Il progetto di Malabobora è contaminare la parte testuale con gli elementi umani, ricercando nuovi meccanismi e il senso del linguaggio. E' un'associazione aperta sia dal punto di vista organizzativo, sia da quello recitativo. D'altronde Alessandro, Laura e gli altri componenti della compagnia neonata provengono già da esperienze accademiche diverse, con percorsi diversi e funzioni varie: chi dalla Paolo Grassi, chi dai Filodrammatici, chi dalla Nico Pepe di Udine. Ma sono presenti registi, attori, scenografi: il tutto è pronto per una buona amalgama e contaminazione di esperienze. Abbiamo in programma una nuova performance, dice Laura: "PACS".
Alessandro ne è entusiasta, ne parla come un percorso che ha visto diverse tappe di lavoro, che vengono confermate anche da Laura. "E' il gioco del dentro e del fuori. Ossia noi abbiamo cercato di reperire fonti diverse, esperienze narrate, diverse storie realmente accadute, trovate sui forum e, poi, abbiamo cercato di elaborare un testo all'interno del teatro tramite la tecnica dell'improvvisazione per, poi, essere pronti di rielaborarne la portata". Il teatro è politica e ogni parola acquista un peso specifico, perché "dietro ogni parola, precisa Laura, esistono vicende, racconti, esperienze, narrazioni differenti e molteplici". "Siamo un gruppo di proposta e non di protesta", conferma Alessandro. E in PACS abbiamo cercato di rappresentare scientificamente la questione per cui non è in un'identità sessuale che si risolve il meccanismo.
Occorre dare gli strumenti di lettura della tecnica e fornire la consapevolezza del mestiere, in questa frase si traduce la finalità del teatro che con Malabobora, Laura ed Alessandro, tendono a raggiungere:"perché in Italia non esiste nessun riconoscimento del valore di questa arte, ma la causa principale siamo noi artisti e registi". Gli strumenti di lettura, pertanto, non possono che risultare scientifici: e tanto più, asserisce Laura, tendi a volere essere anarchico nell'organizzazione e nella proposta, tanto più devi essere professionale". Ma a quale tipo di teatro si riferiscono i Malabobora? Innanzitutto devi capire che cosa vuoi cercare, suggerisce Laura. "Non vogliamo essere identificati come teatro di rottura, perché la nostra rottura consiste nel cercare un linguaggio attuale in cui ogni parola ha dietro di sé storie e vicende di diversa portata, ma vissute, reali, sociali, avverte Alessandro. E poi si deve anche dire che in Italia, secondo Laura ed Alessandro, nell'ambito teatrale o si lavora per sé stessi, o si lavora per ricercare tutele, oppure si lavora per il pubblico, esclusivamente per il pubblico. "Il regista deve avere cosciente il fatto che il suo lavoro è funzionale a quello dell'attore. Il teatro non è del regista ma è dell'attore messo in una condizione di continua ricerca e di continua relazione". I passi di ogni lavoro prima di una performance sono diversi: passiamo da un fuori, la ricerca sociale, il confronto, a un dentro ossia la ricerca di un linguaggio teatrale attraverso l'improvvisazione. E' la poetica del ridare peso specifico alle parole., ridando vita a una relazione tra l'artista e la società. "I modelli preesistenti che sussistono in Italia schiacciano nuove realtà. Ecco perché in Italia non si investe sul teatro" precisa Alessandro. La conseguenza è chiara e viene dedotta da Laura: la ricattabilità dell'artista. "L'arte è ferma alla visione dei comuni - asserisce Alessandro - e vieni inglobato in qualcosa di precostituito, soffocando la tua autonomia e la tua autodeterminazione artistica". L'artista ha una responsabilità grossa e deve aumentare le relazioni con l'esterno per rielaborarle e narrarle, rinnovellarle, rinnovarle. L'artista deve ripartire a confermare una professionalità inconfutabile. "Non è un pazzo o un'inaffidabile, come viene dipinto - considera Laura. E' anche interessante vedere come viene dipinto l'artista da Laura: è un partigiano, ha una proposta e per quella proposta agisce, crescendo nella responsabilità e nell'azione. Alessandro precisa e sintetizza:"non vogliamo erigerci da esempio con manifesti roboanti. Vogliamo solo dire all'artista che l'unica cosa che resta da fare è agire e nell'azione trovi l'elemento di protesta. Senza rotture, ma nella normalità del raccontato e del rappresentato". Il teatro, così, diventa polis e la polis è la società: occorre fare vedere come artista che tu stai agendo per la società perché tu sei uno strumento di racconto che è connaturato nel tuo agire teatrale. Questa è la frase che meglio sublima la professione del teatrante. "Il teatro è comprensione dell'urgenza che è presente nelle persone e deve saperle accogliere, parlare di essere, narrarle, raccontarle". E Laura prosegue:"Il teatro diventa un movimento, perché nostro compito è aprire domande, discussioni, portare alla luce meccanismi agiti e visti energeticamente espressi", usando parole metaforiche e iperboliche Laura spiega in poche parole la filosofia dell'attività del teatrante.
"Le nostre scenografie sono essenziali, testimonia Alessandro, in "Titoli di coda in bianco e nero" abbiamo utilizzato solamente una poltrona, un televisore e un tavolino. Sarebbe buona cosa, aggiunge, che venga fatto una specie di baratto per assicurare una copertura delle spese che sosteniamo come regia e come produzione. Noi offriamo la narrazione, alcuni offrono i propri mobili e possono, così, incrementare il loro mercato".
E' vero che esiste e sussiste un limite presente e invalicabile: la situazione di mercato in cui si vive e con questa situazione bisogna fare i conti, anche cinicamente. "Il baratto è un ritorno alle transazioni primitive, ma efficaci per reperire sostegno alla nostra attività, senza comprometterci" precisa Alessandro. E' questo, in un certo senso, un modo per assicurare un finanziamento di un servizio fatto e reso alla società con qualità, dove l'oggetto dello scambio è offrire un servizio, appunto, a fronte di strutture assicurate. E' un baratto, conferma Laura, che permette di vivere e di proseguire nella tua attività.
Ma che cosa esprimete con il teatro e come esprimete i messaggi che andate a definire?
"Ci sono diversi livelli di lettura per tutti in ogni performance per dare a tutti una possibilità di interagire" inizia Alessandro e prosegue Laura "esiste una certa duttilità, costruiamo un work in progress, e niente prescinde da quello che ci circonda, fondando il tutto su un elemento antropologico e meccanismi di ricerca sociale". Esiste una certa biunivocità nella produzioni dei Malabobora, dove il materiale letto, riletto, interpretato, narrato e rinnovellato non è del regista, ma è della società, dell'attualità, della contemporaneità. Le relazioni, la creatività in senso pratico, le creatività messe in relazione e contaminate, contaminanti, la costruzione di un sistema modellabile: questi sono gli ingredienti di una rottura tutta contemporanea, d'altronde sarebbe paradossale ascrivere il modello della rutta e dell'avanguardia solamente con il metodo di un Grotowsky, seppure encomiabile riferimento. Malabobora propone e non protesta, ed esprime una rottura dio sistema e non di linguaggio: è il contenuto che determina il cambiamento in loro.
Lasciamo Malabobora, con Laura e Alessandro, a proseguire nella loro attività di produzione teatrale, che sarà ricca di impegni e di scadenze. La necessità di un teatro nuovo e sperimentale, ma autonomo e consapevole, è avvertita nel mondo culturale attuale che prevede l'esigenza di ridiscutere certi schemi che ingabbiano nuove energie e nuove risorse intellettive e organizzative. Liberare il teatro potrebbe e dovrebbe diventare una stella polare di riferimento di ogni regista, attrici, attore, ma anche, oserei dire, spettatore, della società universalmente intesa.

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