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Enrico Pietrangeli:
ad Istanbul tra pubbliche
intimità
di Fiore Leveque
Presentazione svoltasi a
Genzano, presso la Libreria Tempo di Leggere il 13
aprile scorso, rimetto in allegato gli atti scritti
per una gradita pubblicazione nella rivista
PARTE PRIMA
O: <Ad Istanbul (o "Altrove" è lo stesso) tra intime
pubblicità>, (immaginandomi al posto dell'autore)
perché - a prescindere già da Enrico Pietrangeli. -
, oggi nel mondo intero certe cose intime sono
comunemente rese spettacolo… senza essere
spettacolarmente pubbliche: da spectare, osservare…
Stecchetti: Son come il frutto fradicio / dentro e
che serba il suo color di fuora/ Donna, ti sembro
giovine / e sono un morto, che cammina ancora". <Le
parole fanno le idee> ribadiva Guglielmo Sanucci,
teologo: e tale epigrafe, stralciata dalla X di
<Postuma>, introducente il testo poetico, ribadisce,
come martello sulla punta ricurva del chiodo, un
concetto che non solo rischia di far presa
autobiografica sempre più forte su Enrico Pietangeli,
ma anche in chi - aprendo il libro -, fin dalla
prima pagina, si trova identicamente martellato: le
parole evocano immagini; le immagini, siano esse
proprie o virtuali, marchiano nel profondo come una
marchiatura - ma continua - fatta a una bestia.
<Chiusa per sempre ho l'anima alle dolci lusinghe ed
ai conforti. Donna non mi sorridere; donna non mi
tentar; rispetta i morti> aggiunge Stecchetti-Olindo:
è una chiusa che suggella la chiusura di un'anima,
inventata o meno che sia, che comunque vien fatta
esistere come impenitente e ribelle volontà di non
volere: Don Giovanni Tenorio, che voluttuosamente
zoombeggia verso le infiammanti passioni di un
proprio inferno. E' questa la posizione di Enrico
Pietrangeli? E' questa la posizione di cui
compiacersi, anche dei lettori, che troveranno altri
elementi echeggianti gli allora maudits francesi?
In tal epigrafe può solo essere un aspetto
riflettente l'esistenza del cugino di Olindo
Guerrini, morto tisico: racchiudere tutto il libro
in tale verso, è immediatamente rivelare quale leit
motiv, orrificamente incombente con i versi di un
altro, una condizione esistenziale propria, sì, ma
anche universale: l'incompatibilità dell'uomo con la
donna, quando la si cerca, e desidera, come Mà-donna,
e madre, allorché la si avverte non comprensiva; ma
è di base per tutti il conflitto, e la diversità fra
le generazioni; e ancora come Madre Terra, in cui -
consciamente o inconsciamente - tendere a rifugiarsi
(seppure come verme… o - come suo incestuoso figlio
- con pala a dissodarne il dermo-terreno per farne
una fossa, e penetrarla con preambolici atti
clitoridei, e poi con tutto se stesso penetrarla,
fino a tutto se stesso penetrare, fino a morire là,
dove anche si nasce (e si rinasce, in ciclico corso
e ricorso geostorico, o antico succedersi di
palingenesi e apokatastasi)… ma sazio di
<eros-piacere>, seppure accompagnato da <tanathos-dispiacere>.
E qui oximoro vero si manifesta, ma è comune a tutti
gli uomini: fallica-religio, apotropaico binomio,
che per sentirsi vitalisticamente desti in una
esistenza da perpetuare, quella della apparenze, si
vuol tenere lontana una morte (e le sue tante
piccoli morti che la precedono), che puntualmente
riappare <nel dispiacere del non solo <nerbo
ferito>, che decade dopo i raptus masturbatori, che
rendono il maschio come solitario Onan, anche con
femmina giacendo. E le Poesie rappresentano una
parte per il tutto; o sono piuttosto la descrizione
di una parte del tutto (di taluni atti): comunque,
entrambe allusive di un atto d'amore non avvertito
come centrale. Sentito forse come sostanzialmente
non essente.
E il giocare con le parole, usandole per
scandalizzare, sapendo di scandalizzare, come fa
Stecchetti, non lo assolve dall'aver comunque
contribuito a creare disarmonici moti, intorno a sé,
cosa che non può puntualmente non ritornare, con i
dovuti interessi a carico <della propria anima>, e -
per chi non crede in essa - <di un proprio animo>.
La mia indole è quella di un bonario canzonatore,
ribadisce Olindo: <Eccoti o gran Stecchetti coi
bugiardi tuoi vizi…>*
"Può darsi che il satirico, fascinoso, dandistico
(?), Stecchetti Olindo (oppure Lorenzo Olindo?)
abbia semplicemente giocato, e mal non gli sia
incorso (ho i miei dubbi!), ma la chiara
ispirazione, non tanto alla sua vita, quanto alle
parole dei suoi versi, in te, Enrico Pietrangeli,
non pare realizzarsi tanto in semplice gioco: la
memoria di colui che si dice ancora oggi burlone è
in gran debito - forse -verso di te, e verso ogni
lettore che soggiace al fascino, che è proprio e
solo del dià-ballo.
Quando Eros compie viaggi di piacere su femminile
epidermide, lietamente accidentata di arabe olive e
da luminosità ammiccanti, proveniente dal cielo
esteriore, e non si smaterializza distribuendosi in
più profondi cieli interiori, che renda paolini
<soma e sarx> un tutt'uno, (ed in intimo rapporto
con sua psyké), ben si comprende che la copula dura
forse l'atto di un coito, sul quale spermata e lucta
si confondono in un pianto solo: gratifica, assuefà,
abitudinarizza,… non si soddisfa una volta per
tutte.
E.P. fermo, in semovente, schermante campana di
vetro nel mondo, con la sensazione di liberamente
girare per il mondo: Rumi, Stecchetti, Baudelaire,
etc… sono nell'aria, oramai, di un eco-esistenza che
anima, ma anche opprime: pulviscoli quanticamente
ubiqui, con chi vi entra in sintonia.
E.P. sembra dar voce a chiunque, anche a coloro ai
quali par non passare per la testa niente né
dell'arte, né del suo senso, più che del
significato… abituati a concepire l'arte da
valorizzare solo in quanto e quando procacciatrice
di affari: presenza economica e di potere.
Egli stesso passe-partout fra uomini e cose
all'esterno e immagini e pensieri al suo interno.
Come una sorta di pompa Na K rallentata,… un sorta
di torpore estatico nei movimenti sistolici e
diastolici sul piano psico-biologico, e di riflesso
sul piano letterario e poetico…: eco di pagano
ditirambo, orfico giambo, dionisiaca hybris… , e -
in una sorta di melange, smorzato il tutto, nonché
schermato.
E gli occhi: principali rappresentanti in E.P. degli
altri sensi sono come antichi ambrati vetri,
schermanti una luce che giunga all'interno di un
tempio, mitigata e soffusa: <e tu che t'offri nel
raccontarti a me lettore, così ti vedo schermato,
infastidito di me, ma non troppo, grazie a quei
vetri e al tuo tempio. Corazzata tartaruga, al cui
interno insegui pagane alchimie, per ottenere
comunque vile metallo seppure essendo oro, finché
resterà operante in Eros e in Bacco>.
Poesie, parole scritte, palloncini, bolle, palloni,
mongolfiere, dirigibili… tutte lievi vaganti, e
poeticamente effimere… Vagano, si lasciano sfiorare
prive di peso, svigorite da una chiara certa
volontà, LA NON VOLONTA'…. Sentimenti, emozioni,
ragioni, pensieri, tutti resi come innocenti
apparenti vesciche, quali siamo noi, miseri corpi
umani.
Prosopoietico, indefinito, cosmopolita, apolide,
anarchico, ribelle, dietro dentro e davanti alle
immagini letterarie e linguistiche. Ermetico, ma non
troppo; classico nel suo poetico prosare che vuole
chiaramente descrivere e narrare, col desiderio di
aprirsi e confessare tutto, ma… aperta la porta fino
a un certo punto, fa per richiudere…
<ermeticamente", ma seppure schermandosi, si lascia
adocchiare, né volentieri, né non volentieri.
Non latore di messaggi, piuttosto un uomo che
impiega parte della sua esistenza a riempirla anche
di sé, assieme a quegli altri con cui fare cultura;
cultura, anzi, come <coltivare per avere dei
frutti>, ed insieme cogli altri di cui non si può
fare a meno: tu es embarquè! Diceva Blaise Pascal.
Poesie rappresentanti una parte per il tutto, o
descrizione di una parte di tutto: e comunque
allusive.
PARTE SECONDA
<VIAGGIA DA TE STESSO DENTRO DI TE> - jalal al din
rumi
Enrico Pietrangeli, nel suo titolo, cerca di
coniugare - in un modo impossibile - l'intimità, che
appartiene alla sfera privata, e quindi interiore,
con il pubblico, che appartiene alla sfera
esteriore, pubblica appunto; ed egli pare sostare
sopra la soglia, tra un esterno che lo porta a
viaggiare da sé fuori di sé, e un interno, cui
guarda in pavento: ma par che oda una voce: <Viaggia
da te stesso dentro di te>.
Epigrafe pag. 9 <Son come il frutto fradicio /
dentro e che serba il suo color di fuora/ Donna, ti
sembro giovine / e sono un morto, che cammina
ancora" (Lorenzo Stecchetti)
Questa che diviene una emblematica introduzione non
solo al libro, ma anche una sintesi di consapevole
proprio attuale status esistenziale, rivela comunque
una sorta di autocompiacimento a permanervi, una
rischiosa identificazione con antichi spettri. Un
vortice inabissante da cui Baudelaire confessava -
tronfiamente - di saper poi uscire: egli cercava
l'ebbrezza non solo nell'assenzio, ma anche nella
sperimentazione del male, dal quale - affermando di
sentirsi forte e pronto - sarebbe riuscito
scientificamente a ri-uscirne…. Nel suo <Mon coeur
mis a nu> ha confessato tante cose - avrà
conosciuto, studiando, senz'altro, S.Agostino e le
sue Confessioni: ma non pare sia riuscito - almeno
storicamente - a dimostrare alcuna conversione.
Enrico Pietrangeli dedica a Rumi una sua poesia, ed
altre lo riecheggiano (<Non è l'amore che non
trovo…>, che ricorda <Non ti ho detto…> di Rumi), ma
ancora dedica all'hashish una sua poesia rievocando
ancora Baudalaire (& C.); indi, un suo mondo
d'interni sotterranei, ove indugiando sopra " … il
corpo… altra resina… labbra… desiderose… rilucenti
seni… barocco sfarzoso (ma secondo me assolutamente
non <essenziale>) … ara… dèi… iniziazione…>" lo
vedono, in un vortice-anzi turbine, avvolto,
scivolare giù verso il Re del Mondo (inutile dirne
il nome, per non dargli importanza). E intanto Rumi,
da ben altra dimensione, chiama in ben altro
vortice: il primo ti sconvolge e risucchia tra spire
sue, del secondo tu stai al centro, a
signoreggiarlo, te signoreggiando.
<VIAGGIA DA TE STESSO DENTRO DI TE!> Ma non
all'interno di un lucido corpo (soma) spolpato, che
si muove per forza d'inerzia, e viaggia con le gambe
scappando finché il motore non fonde, e ancora
viaggiare osa - scappando però da sé fuori di sé. Il
rischio della identificazione in tali immagini può
solo rinforzare - come leit motiv del libro, e di
riflesso come leit motiv della propria esistenza, o
di una parte di essa, configurata nel libro stesso -
che cosa, se non uno stato di indeterminatezza?
Per non lasciarmi anch'io, come lettore, fagocitare
dal perpetuante anacronismo del tisico artista
(Stecchetti, Olindo Guerrini, e dell' attempato
maledettismo di Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, e dei
turbamenti da essi promananti, non mi resta altro
che - o non andare oltre la lettura della epigrafe
introduttiva, o avventurarmi in tale lettura,
percorrendo un iter alternativo di sensazioni,
portandomi all'ombra, o alla luce, gradita di ciò
che implicitamente trasmette un citato Jalal al din
Rumi. Contrapporre immediatamente allo strascicante
zombie di Guerrini-Stecchetti, il roteante sufi
nella sua danza derviscia. (e nel primo rito dei
cinque tibetani).
<VIAGGIA DA TE STESSO DENTRO DI TE!> Come lettore
attento, e ricercatore, ho trovato grazie al Rumi
cui par che tu particolarmente tenga, questo che è
un invito innanzitutto per me, Fiore Leveque, oltre
che per la umanità intera… ma come lettore privo di
un qualche movente (materiale o spirituale che sia)
a causa anche dello Stecchetti/leit-motiv, induce a
ritrarmi… perdendo qualche occasione: lì è un dato
di fatto, qui presso di te niente è scontato:
innanzitutto perché sei ancora vivo, e non vegetante
zombie, e poi perché - al al di là di un compiaciuto
e compiacente riferimento puramente autobiografico,e
non ancora letterario,ci sei <tu e quello che io
chiamo il DIARIO STICO-FOTOGRAFICO, cui affidare,
appunto con foto-stichici e borbottanti flashs, uno
stato esistenziale già da te coscientizzato, quasi
catartica anticamera, preconio di augurabile (ma
pare non ancora desiderata) liberazione; cioè, a
dirla con Benedetto Croce, fa capolino una sottesa
volontà di realizzare, cui - non seguendo l'azione -
si traduce in non volontà. Ma ciò è compreso nel
m.c.d. della umanità intera.
<VIAGGIA DA TE STESSO DENTRO DI TE!> A che pro tanti
riferimenti bibliografici, la cui autorevolezza è
data spesso proprio e solo a causa del filtro, o
schermo, fra il nuovo e l'antico, più spesso
semplicemente vecchio, visto che non sempre la fama
corrisponde al valore, alla virtù? Tanto ciò che
importa è esprimersi per esprimere, ed esprimere per
esprimersi: e chiunque oggidì può farne motivo di
arte (espressionistica, ad esempio). Si è in un
calderone mass-mediale, ormai rovinosamente
planetario. E' possibile quindi riemergere, senza
confondersi e omologarsi: TU SEI TU, ORA E BASTA!
Siilo! Emergere innanzitutto da sé - oltre il
proprio EGO, che il Sé immobilizza -, e senza far
nient'altro che niente: l'emersione dell'intero te
avviene ovunque deve avvenire e sempre.
<VIAGGIA DA TE STESSO DENTRO DI TE!>
QUALCHE COMMENTO IN VERSI DI FILEJAH AI VERSI DI
ENRICO PIETRANGELI
NON E' L'AMORE CHE NON TROVO: pag 20
Non è l'amore che non trovo, è un sentire morto,
annichilito, pavido desiderio appassito.
Non è l'amore che non trovo, è la paura dei
sentimenti tra impalpabili, ordinari orrori
Non è l'amore che non trovo, è una nauseante umanità
per cui vomito inchiostro
Non è l'amore che non trovo ,è l'arido fondo di una
coppa dove non scorre più il suo vino
<Quattro momenti in testa / a una lista in sospeso /
d'infiniti altri momenti / di rischiarata coscienza
/
Ch'è proprio d'artista / e di invocante amore /
ancor da capire, / da trovar - in ricerca - / … e
Amor in Rumii, / ch'è tutt'altro da Eros / pagano
divo con cui / di norma si convive>. Filejah
NON TI HO DETTO DI NON SFUGGIRE A ME \ MI TROVERAI
COME UNA SORGENTE
\ OVUNQUE VAI IN QUEL MIRAGGIO \ PERSINO SE MI
ABBANDONI \ CON RABBIA PER CENTOMILA ANNI \ ALLA
FINE RITORNERAI \ VISTO CHE SONO LA TUA CASA FINALE.
NON TI HO DETTO \ DI NON ESSERE INGANNATO \ CON I
LUSTRINI NELLA VITA \
\ IO SONO LA TUA REALIZZAZIONE FINALE.
NON TI HO DETTO \ CHE SONO IL MARE E TU SEI IL PESCE
PICCOLO \ MEGLIO CHE RIMANI CON ME \ DI NON
AVVENTURARTI SULLE SPONDE SECCHE.
NON TI HO DETTO \ DI NON ANDARE VERSO LA TRAPPOLA \
COME L'UCCELLO ALLETTATO DALL'ESCA \ RITORNA DA ME,
SONO LA TUA FORZA ILLIMITATA.
NON TI HO DETTO \ ALTRI SPEGNERANNO IL TUO FUOCO \
RIMANI CON ME CHE TI METTERO'
IN FIAMME E SCALDERO' LA TUA ANIMA.
NON TI HO DETTO \ ALTRI TI DELUDERANNO \ PERDERAI LA
FONTE \ DI CONFORTO CHE TI HO TROVATO. \ SE SEI
ILLUMINATO TRAMITE \ LA LANTERNA DEL TUO CUORE \
GUIDANDOTI VERSO LA CASA DI DIO \ GUARDAMI, POTREI
ESSERE LA STRADA. JALAL -AD DIN -RUMI
Grazie, Enrico Pietrangeli! Grazie per averci
condotti a Jalal al din Rumi.
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